Articolo interessante (1) che ha il pregio di mettere in evidenza alcuni problemi relativi a un momento molto delicato, quale è quello della diagnosi di diabete nell’adulto FC le autrici sono la dietista del Brompton Hospital di Londra, sede di uno famoso centro per adulti, e una psicologa. Sono state inviate a casa informazioni ai malati FC residenti a Londra e dintorni, ventidue si sono offerti volontari per la ricerca e sono stati intervistati mentre erano in ospedale. Erano 10 donne e 12 uomini, di età compresa fra i 24 e i 55 anni; il tempo trascorso dalla diagnosi del diabete era in media di circa 8 anni ( da 1 a più di 35 anni). Le interviste sono state registrate, trascritte e analizzate dalla psicologa secondo un processo standardizzato d’interpretazione. I temi chiave dell’intervista erano quattro: la risposta emotiva alla diagnosi di diabete, la ricerca di spiegazioni, le modalità con cui si impara a convivere con il diabete, le possibilità di limitarne l’impatto.
La risposta emotiva è sempre molto forte: i malati riferiscono che è come se fosse la diagnosi di una seconda malattia, perché richiede una cura “cronica” (l’insulina quotidiana più volte al giorno), come la FC, e temono le restrizioni che introdurrà nella loro vita, esattamente come la FC. Ci sono però rari casi in cui la diagnosi rappresenta la spiegazione di un peggioramento delle condizioni generali e allora viene accolta con sollievo. Stranamente, la diagnosi sembra arrivare per tutti questi adulti FC inglesi abbastanza inaspettata: solo 5 soggetti su 22 dicono di aver saputo che la FC può portare al diabete e meno della metà sa che il diabete può manifestarsi anche se la malattia sul piano generale è sotto controllo.
Il fatto di dover maneggiare quotidianamente strumenti nuovi come aghi e siringhe induce timori e dubbi sulla propria capacità di poter controllare il nuovo problema. Dubbi che sono superati con successo da chi ha alle spalle esperienza e buona capacità di autogestione di altri tipi di terapie FC; alla fine reagiscono meglio i malati che limitano l’impatto del diabete trattandolo come “una seccatura” o “un problema da risolvere”. In questo modo gli attribuiscono un’influenza limitata sul loro futuro, molto minore rispetto al problema di fondo della malattia FC, e riescono a non percepirlo come una minaccia alla loro identità e al loro stile di vita.
Però, proprio lo stile di vita a volte è in discussione perché un aspetto molto problematico è rappresentato dalla necessità di aderire ad uno schema alimentare preciso: questo è particolarmente difficile per chi è giovane e vive una vita dai ritmi irregolari. Sotto questo aspetto la necessità di aderire ad uno “schema”, quando vissuta positivamente, viene percepita come la necessità di “mettere la testa a posto data l’età” e dimostrare di saper controllarsi.
Infine, la maggior parte degli intervistati sottolinea la difficoltà di bilanciare due esigenze apparentemente contrastanti: mangiare molto per soddisfare l’elevato apporto calorico richiesto dalla malattia FC e tenere sotto controllo la glicemia per un buon controllo del diabete. E rilevano come su quest’aspetto le informazioni ricevute siano a volte confondenti e scarso il materiale che riporti esempi di schemi alimentari, ricette e così via. Trattandosi di una ricerca svolta da una dietista c’è da immaginare che si sia subito messa al lavoro per migliorare le cose.
1) Collins S, Reynolds F “How do adults with cystic fibrosis cope following a diagnosis of diabetes ?” Journal of Advanced Nursing 2008; 64(5):578-487