Questa ricerca, frutto di una collaborazione tra numerosi centri FC irlandesi, è la continuazione di una precedente in cui erano stati paragonati 42 bambini con FC ed epatopatia a 42 bambini con FC senza epatopatia, della stessa età e dello stesso sesso. Il paragone era stato “trasversale” (cioè con una sola osservazione nel tempo) ed aveva mostrato che quelli con epatopatia avevano sia lo stato nutrizionale che la situazione respiratoria meno buone degli altri. Dopo 7 anni gli autori possono valutare 36 soggetti del primo gruppo contro 36 del secondo. Adesso l’intera casistica è composta di soggetti che hanno nella maggior parte dei casi (68%) più di 18 anni e sono soprattutto maschi (63%). Lo scopo del confronto è capire com’è evoluta l’epatopatia e se ha influito sul decorso della malattia FC. Gli autori trovano che nel complesso quelli con epatopatia hanno ancora condizioni generali e decorso della malattia FC meno buoni, però le differenze non raggiungono la significatività statistica; inoltre, presentano diabete con maggior frequenza degli altri. L’epatopatia ha avuto un’evoluzione grave in 4 casi su 36 (3 deceduti e 1 sottoposto a trapianto di fegato) Sorprendentemente trovano anche che un piccolo sottogruppo di quelli che erano stati definiti epatopatici non sembra più tale al controllo a distanza di tempo (8 su 36).
L’epatopatia era definita tale in presenza di segni di ipertensione portale (non era sufficiente solo l’alterazione degli enzimi epatici), e l’ipertensione portale a sua volta era diagnosticata in base alla presenza di varici esofagee e/o di milza ingrandita (valutazione clinica o radiologica). Gli 8 casi che non risultano essere più epatopatici a distanza avevano enzimi epatici alterati e milza ingrandita, ma nessuno aveva varici esofagee. Al controllo, la milza è tornata di dimensioni normali (e non viene detto niente della funzionalità epatica). Benché gli autori respingano nettamente questo dubbio, si potrebbe ipotizzare che ci sia stato un errore di classificazione. In alternativa, bisogna effettivamente ammettere che il decorso dell’epatopatia sia imprevedibile e soggetto a miglioramento anche quando ci sono già segni iniziali d’ipertensione portale.
Gli autori si chiedono anche se sul decorso dell’epatopatia possa aver influito il trattamento con acido ursodesossicolico (UDCA): mancano notizie dettagliate, non essendo stato questo lo scopo della ricerca, ma viene detto che i pazienti avevano incominciato ad assumere UDCA dal momento in cui era stata diagnosticata l’epatopatia: 5 su 8 dei soggetti in cui non è progredita e 9 su 20 di quelli in cui è invece progredita, per cui non si possono trarre conclusioni.
Lo studio riguarda un argomento quanto mai interessante dal punto di vista clinico ed anche epidemiologico, basti pensare ad un aspetto pratico: l’epatopatia grave (complicata da ipertensione portale) costituisce o no controindicazione al trapianto polmonare? Ma dà poche risposte e suggerisce una valutazione sul metodo oltre che sui risultati, dal momento che mostra quanto sia importante definire i criteri d’inclusione dei pazienti se si vuole poter arrivare a solide conclusioni. E’ opportuno ricordare a questo proposito che in altri studi recenti la definizione d’epatopatia si è basata ( in maniera molto più efficace ai fini della ricerca) sulla presenza di ipertensione accompagnata da varici esofagee diagnosticate attraverso endoscopia esofagea.
1) Rowland M et all ” Outcome in cystic fibrosis liver disease” Am J Gastroenterol 2010 Aug 24, PMID 20736939