Buongiorno, sono una ragazza di 25 anni con fc e insufficienza pancreatica. Ho avuto una diagnosi relativamente tardiva, a 8 anni: nell’infanzia mi era infatti stato diagnosticato, non senza molti dubbi, il morbo celiaco, successivamente smentito in seguito alla diagnosi di FC (per la quale avevo sempre avuto grossi problemi gastroenterici e non respiratori). Non ho purtroppo a disposizione la cartella clinica con le informazioni dettagliate, ma la mia relazione annuale riassume così questa vicenda: “nella prima infanzia diagnosi di morbo celiaco con riferita positivà AC anti endomisio e anti transglutaminasi; dopo dieta priva di glutine negativizzazione AC; nel 1997 eseguita EGDS dopo 8 mesi di dieta libera; esofagogastrite iperemica, antrite erosiva. Esclusa diagnosi di celiachia”. Aggiungo che anche in fase di diagnosi di celiachia ho effettuato una biopsia, che l’ha confermata. Nello stesso giorno della seconda biopsia, invece, che ha escluso la celiachia, ho svolto gli esami del sangue per la ricerca degli AC in tre cliniche diverse, e sono risultati uno positivo, uno negativo e uno dubbio. Aggiungo anche che in questi 8 mesi di dieta libera avevo introdotto le terapie per la FC tra cui l’assunzione di enzimi pancreatici. Ora, a distanza di 20 anni il mio attuale medico del centro FC ha deciso di farmi ripetere gli esami del sangue, cosa a cui mi sono fortemente opposta. La domanda è: come è possibile un quadro clinico simile? Se effettivamente non sono celiaca, come sono spiegati i valori positivi ricorrenti? Se invece al contrario lo sono, come sono giustificati i valori negativi e la successiva esclusione della diagnosi? E soprattutto: che senso ha riaprire questa strada ora, a distanza di molti anni e senza nessun sintomo? Ho molta paura che, ora come allora, i test ematici risultino positivi e di dovermi sottoporre quindi nuovamente a tutti gli accertamenti, quali biopsia, periodo di dieta senza glutine, nuova biopsia ecc. Qualora il risultato fosse, come temo, positivo, ha senso che io rifiuti di proseguire le indagini considerando valida la diagnosi precedente (ricordo, in assenza di sintomi)? Grazie anticipatamente.
Ci sono su questo sito più domande e risposte sul problema della celiachia associata a fibrosi cistica. Si veda quella più recente del 11.04.14: Celiachia associata a fibrosi cistica: problema dei marcatori di celiachia persistenti a dieta senza glutine.
Da quanto ci riferisce la domanda, la diagnosi iniziale di celiachia appare correttamente posta. Sappiamo peraltro che il modo di evolvere della celiachia varia di molto da caso a caso. E’ anche possibile che dopo anni di dieta senza glutine la ricaduta alla ripresa della dieta libera non sia così immediata, sia a livello di esami ematologici (anticorpi anti-transglutaminasi e anti-endomisio), che di biopsia intestinale. Nel caso della domanda, la decisione sul da farsi va presa assieme al medico del centro FC di riferimento. Tuttavia, sul piano dell’informazione generale merita ribadire che una celiachia non trattata con dieta senza glutine può rappresentare un problema in generale ma particolarmente quando vi sia associata la fibrosi cistica, anche se la celiachia è attualmente in fase “silente”. Si tratta pur sempre di una patologia autoimmune che, prima o poi, potrebbe determinare qualche problema. E’ conveniente monitorare la situazione con quei semplici esami sangue e consultarsi con il medico del centro come comportarsi in base alla risposta degli esami.