Informazioni su Burkholderia cepacia: l’essenziale da conoscere
Burkholderia cepacia appartiene alla categoria dei batteri Gram negativi non fermentanti ed è uno dei principali patogeni in FC(1,2). Conosciuto in biologia vegetale come “fitopatogeno”, responsabile dei processi di putrefazione batterica delle erbe Gigliacee (a cui appartiene la cipolla, “cepa” in latino), è stato descritto come responsabile di infezioni nel genere umano solo in un numero limitato di patologie (principalmente fibrosi cistica e immunodeficienze). Originariamente classificato nel genere Pseudomonas, il germe, caratterizzato da elevata complessità tassonomica, è attualmente inquadrato in un genere a parte denominato Burkholderia.
Per il corretto isolamento sono necessari appropriati terreni di coltura. Talora la complessità tassonomica di B. cepacia e delle specie ad essa correlate contribuiscono a generare errori nell’identificazione, non sempre attribuibili a incapacità tecniche del laboratorio(1,2). In base ai dati dei registri nazionali di patologia, la prevalenza di questo germe nei fibrocistici è di gran lunga inferiore a quella di S. aureus e P. aeruginosa. Secondo i dati del registro nord americano FC, attualmente il 3,1% dei pazienti è infettato da B. cepacia (3). In alcuni centri è stata osservata una bassa prevalenza di questo patogeno, in altri invece sono state osservate vere e proprie diffusioni epidemiche, con un’alta percentuale di pazienti colonizzati (1-4).
Dalla colonizzazione dei pazienti FC con questo tipo di germe possono derivare 3 quadri clinici fondamentali. Nel 40% circa dei casi il paziente alberga il germe senza mostrare sostanziali variazioni del decorso clinico della malattia. Un’analoga percentuale di pazienti manifesta un progressivo, lento deterioramento delle condizioni generali. Nel 20% dei casi il paziente sviluppa un quadro clinico caratterizzato da febbre elevata, batteriemia e brusco quadro di deterioramento polmonare con esito fatale (sindrome da B. cepacia)(1, 2, 5).
B. cepacia appare quindi come un germe in grado di determinare quadri clinici disparati, talora temibili e scarsamente controllabili, per la spiccata resistenza agli antibiotici manifestata dal germe.
Le ragioni dell’insorgenza di quadri clinici così disparati non sono completamente note, ma in parte sembrano attribuibili a caratteristiche variabili del germe. Complessi studi molecolari hanno sottolineato che quello che comunemente viene indicato come B. cepacia è in realtà un gruppo (oggi chiamato B. cepacia complex) di almeno 10 sottospecie (o genomovars) strettamente correlate e non discriminabili con le comuni tecniche microbiologiche. (1,2,4,5) Le conoscenze sulla trasmissibilità e patogenicità dei vari genomovars sono ancora parziali. La maggior parte delle epidemie descritte sono sostenute dal genomovar II o III, tutti i genomovars sono caratterizzati da elevata trasmissibilità fra pazienti e sono in grado di determinare epidemie. Anche se il concetto di patogenicità deve esser tenuto distinto dal concetto di trasmissibilità, il genomovar II (B. multivorans) ma soprattutto il genomovar III (B. cenocepacia) si associano a un decorso clinico più severo. Il declino delle prove di funzionalità polmonare (FEV1), la morbilità e mortalità sono risultate più elevate in pazienti infettati da genomovars II e III rispetto a soggetti infettati da altri genomovars (6).
Come si verifica per la maggior parte dei patogeni propri della FC, una volta che le vie aeree dei pazienti risultano colonizzate da B.cepacia complex si assiste allo sviluppo di infezione cronica (5). Nel 20% circa dei casi il germe può essere responsabile di infezioni transitorie e talvolta può essere isolato dalle vie aeree solo per un limitato periodo di tempo (6).
Non sappiamo ancora con sicurezza quale sia la strategia di terapia antibiotica più efficace nei confronti di B. cepacia complex (2,5.) Per quanto riguarda la terapia antibiotica, al primo isolamento del germe, al fine di tentarne l’eradicazione (terapia eradicante), esistono solo limitate esperienze (5,7). Anche in assenza di studi clinici condotti su adeguat (5). L’esperienza maturata finora non è tuttavia tale da poter raccomandare uno schema antibiotico valido nei confronti di tutti i genomovars. Inoltre, il pattern di resistenza agli antibiotici dei vari genomovars può essere estremamente vario e l’eventuale trattamento deve essere suggerito in base all’antibiogramma (2,5,7). Nel caso di una riacutizzazione respiratoria è opportuno ricorrere a cicli di terapia antibiotica per via parenterale (2,5). Contrariamente a quanto si verifica per P. aeruginosa, quando le condizioni del paziente sono stabili non esistono indicazioni scientificamente documentate sull’opportunità di una terapia antibiotica soppressiva cronica (2).
Non potendo impedire la colonizzazione batterica dovuta all’incontro occasionale con il germe che, come altri Gram negativi non fermentanti, fa parte del nostro normale habitat, gli sforzi attuali devono essere finalizzati a “intercettare” quanto prima la colonizzazione, a tentarne l’eradicazione e a mettere in atto procedure di segregazione per prevenire le infezioni crociate all’interno dei centri (8).
1. Cystic Fibrosis Trust Infection Control Group. A statement on Burkholderia cepacia. Cystic Fibrosis Trust 1999 Bromley
2. Saiman L, Siegel J. Infection control recommandations for patients with cystic fibrosis: microbiology, important pathogens and infection control practices to prevent patient-to-patient transmission. Am J Infect Control 2003; 31 (3): S1-S62)
3. Cystic Fibrosis Foundation, Patient Registry 2005 Annual Report, Bethesda, Maryland
4. Campana S, Taccetti G, Ravenni N, Favari F, Cariani L, Sciacca A, et al. Transmission of Burkholderia cepacia complex: evidence for new epidemic clones infecting cystic fibrosis patients in Italy.
J Clin Microbiol. 2005;43:5136-5142.
5. Doering G, Hoiby N. Early intervention and prevention of lung disease in cystic fibrosis: a European consensus. J Cyst Fibros 2004; 3: 67-916.