Pochi giorni fa mio figlio mi ha chiesto se dovrà assumere gli enzimi pancreatici per tutta la vita e io, onestamente, non gli ho saputo rispondere, perciò Vi giro la domanda formulandola in maniera più completa: nell’auspicata ipotesi che la medicina o la genetica risolvano in maniera completa la malattia della FC, cesserà anche la necessità di assumere estratti pancreatici per chi, come mio figlio, fino ad allora sarà obbligato a prenderli? Ringrazio e saluto
Per rispondere alla domanda occorre richiamare alla memoria il perchè si somministrano enzimi pancreatici alla maggior parte delle persone con fibrosi cistica. Sappiamo infatti che nell’85-90% dei malati il pancreas non funziona, cioè non libera nell’intestino gli enzimi necessari alla digestione degli alimenti. Questo avviene perchè molto precocemente, con inizio già nella vita fetale, il succo pancreatico, che è fatto di proteine enzimatiche, sali, acqua e sostanze mucoidi, è molto denso e ostruisce i canalini di deflusso del secreto enzimatico che proviene dai cosiddetti “acini” (raggruppamenti di cellule che producono gli enzimi). Tale ostruzione determina ristagno a monte del secreto con dilatazione dei piccoli dotti, che assumono aspetto di piccole cisti con scomparsa delle cellule secernenti enzimi , mentre il tessuto che sta attorno reagisce al ristagno e all’azione degli enzimi stagnanti (che hanno anche un’azione lesiva sull’organo) infiammandosi e portando gradualmente alla produzione di un tessuto fibroso di tipo cicatriziale: il quadro finale di questo graduale processo di ostruzione-infiammazione-atrofia è quello appunto della fibrosi cistica del pancreas, nome che fu dato alla malattia dall’anatomopatologa D. Andersen che per prima studiò anatomicamente questa patologia. Il risultato finale di questo processo è la scomparsa completa delle cellule degli acini che producono enzimi, mentre l’organo nel suo complesso appare come atrofizzato: il pancreas non provvede quindi più a riversare enzimi nell’intestino. Almeno la metà dei casi presenta una tale situazione già alla nascita, negli altri il processo di esaurimento si compie nelle prime settimane o mesi di vita, più raramente si svolge in un arco di tempo più lungo, mentre una quota del 10-15% dei casi, interessata da almeno una mutazione del tipo “mild” (lieve), conserva in tutto o in parte una sufficiente funzione pancreatica anche nell’età adulta.
Da queste premesse di patogenesi si può dedurre che il pancreas arrivato all’insufficienza è strutturalmente incapace di ricostruire acini e quindi di rigenerarsi. E’ quindi del tutto improbabile che future terapie capaci di agire sul difetto di base della malattia possano recuperare la struttura e la funzione del pancreas, se non in una fase precocissima della malattia. Tali terapie potranno essere utili su tessuti che conservano ancora capacità di rigenerazione e su organi che conservano ancora parti integre suscettibili di funzionamento, come ad esempio bronchi e polmoni. Quindi gli enzimi pancreatici rimangono un trattamento da fare per tutta la vita.