Quali possono essere le implicazioni a livello psicologico di una persona affetta da FC? E quelle di genitori con un figlio a cui è stata diagnosticata questa malattia?
Senza dubbio la presenza di una malattia cronica evolutiva come la Fibrosi Cistica confronta il paziente/ famiglia con angosce molto forti, rispetto alle quali si impone la ricerca di soluzioni che consentano un buon adattamento.
Il carico emotivo del vivere una malattia cronica si differenzia secondo diverse variabili:
– Il quadro clinico
– L’età d’insorgenza
– Le relazioni interpersonali
– Le singole caratteristiche di personalità
Ognuna di queste a sua volta assume maggiore o minore incidenza secondo il livello di sviluppo psico-cognitivo del ragazzo.
Nei bambini piccoli il peso psicologico della gestione e del vissuto di malattia passa attraverso il rapporto con le figure di riferimento. Man mano che i bambini crescono acquistano maggior consapevolezza del loro stato, sono in grado di comprendere le spiegazioni relative alle cure e alla malattia che vengono loro fornite, conoscono maggiormente i propri distretti corporei e riescono a metterli in relazione alla malattia stessa. L’essere in grado di acquisire una maggiore consapevolezza li rende meno ansiosi, e soprattutto permette loro di valutare la malattia come un qualcosa indipendente dalle loro azioni e di cui essi non hanno responsabilità.
Successivamente, nel periodo adolescenziale, l’adattamento alla malattia dipende in stretta misura dalle esperienze tipiche di questa fase dello sviluppo.
In questo periodo, essendo molto forte la spinta verso l’autonomia, è essenziale per l ragazzo dimostrare, prima di tutto a se stesso, la capacità di essere all’altezza delle situazioni e di saper vivere la propria indipendenza. Nasce perciò in lui un forte conflitto tra ciò che vuole dimostrare e i comportamenti legati alla gestione della malattia che lo rendono invece dipendente. Spesso l’adolescente si difende dal disagio di tale conflitto attuando meccanismi di negazione della realtà, agiti anche come non adesione ai regimi terapeutici.
Se parliamo di adulti diagnosticati da adolescenti o da adulti e non avevano compiuto scelte di autorealizzazione psicosociale perché stavano sempre troppo male, senza conoscerne la causa, questi non solo hanno dovuto accettare e adattarsi alla malattia, che spesso era un sollievo perché iniziate le cure stavano meglio, ma hanno dovuto confrontarsi con:
– la paura e la rabbia accumulata negli anni;
– i rimpianti per le tante scelte che non hanno fatto;
– l’angoscia di morte, perché hanno superato l’aspettativa di vita media e nonostante il buon stato clinico non sanno cosa aspettarsi.
L’intervento psicoterapeutico si è rivelato e si rileva fondamentale in molti casi di profonde crisi depressive che potevano e possono compromettere seriamente non solo la qualità della vita ma anche lo stato clinico.
Sul versante dei genitori, la malattia presenta emotivamente aspetti molto rilevanti. Sentimenti di colpa sono scatenati dalla natura ereditaria e sono sollecitati dal bisogno di cure quotidiane, che aggravano il senso di responsabilità rispetto al ruolo genitoriale. Ciò si può tradurre in stati ansiosi o depressivi, in particolare fra le madri; vi è il rischio che s’instaurino relazioni iperprotettive che non facilitano la maturazione psicologica del paziente, poiché ne limitano la socializzazione e lo sviluppo di competenze verso l’autonomia. Il buon funzionamento della coppia genitoriale è una risorsa importante se i coniugi riescono a mantenersi uniti, soprattutto di fronte alle risonanze emotive della malattia; talvolta la relazione affettiva si impoverisce a causa delle difficoltà a condividere il ruolo terapeutico e a comunicare efficacemente sulla malattia.
Da questo emerge la necessità di approntare un sistema di cura alla Fibrosi Cistica non solo orientato a favorire una crescita fisica il più normale possibile, ma anche attento alla maturazione psicosociale e al buon funzionamento familiare.
Quasi tutti i Centri offrono uno spazio di aiuto psicologico al paziente/famiglia, rispetto alle varie problematiche comunicative, emotive, relazionali, di comportamento. Suggerisco, quindi, che la nostra interlocutrice si rivolga al Centro che segue il paziente con fibrosi cistica.