Mi chiedo quale sia il vantaggio di conoscere l’esistenza di questa malattia fin dalla nascita! Senza sintomi per sette anni, senza fisioterapia per sette anni, senza antibiotici! ma chi mi restituisce questi anni? Anni in cui avrei potuto non preoccuparmi per un colpo di tosse, in cui avrei potuto godermi mia figlia senza quel velo di tristezza che avvolge il mio cuore! A chi serve tutto ciò? A compilare delle statistiche? Avrei potuto sognare per sette anni il futuro di mia figlia, mentre ci si riduce a voler fermare il tempo ad oggi che sta così bene! Di questa malattia si possono curare i sintomi, non c’è certezza di nulla e allora perchè non avete aspettato, perchè ci avete rubato i sogni?
In verità chi ci scrive solleva un problema molto importante, e cioè quale sia il vantaggio dello screening della fibrosi cistica alla nascita. La parola screening (termine inglese per indicare l’operazione di setacciare) indica la ricerca in tutte le persone “sane” di alcune malattie nascoste e importanti (vedi lo screening nelle donne per i tumori del seno). Quando è effettuato in epoca neonatale, lo screening mira a identificare alcune malattie che, se diagnosticate prima dei sintomi, possono essere trattate precocemente con ottimi risultati. Si tratta di malattie che, pur presenti alla nascita, non danno sintomi nelle prime settimane o nei primi mesi di vita, come la fenilchetonuria (1 caso ogni 20000 nati sani), l’ipotiroidismo congenito (1 caso ogni 2500) e la fibrosi cistica (1 caso ogni 2500). Mentre per la fenilchetonuria e l’ipotiroidismo la cura immediata (una dieta particolare nel primo caso, somministrazione dell’ormone tiroideo mancante nel secondo) assicura, se continuata indefinitivamente, una normalizzazione della vita e della sua durata, per la fibrosi cistica le cose non stanno così. Le cure attuali non risolvono purtroppo la malattia, la “rallentano “, e incidono fortemente sulla qualità della vita, pur non garantendone una durata “normale”. C’è stato molto dibattito negli ultimi vent’anni sul tema dello screening FC e ci sono state nel mondo medico-scientifico due correnti, una a favore e una sostanzialmente scettica nei confronti del “vantaggio” dato dallo screening. Negli ultimi anni però le evidenze fornite dalle ricerche hanno pesato più a favore che contro lo screening: i bambini scrinati hanno, nel tempo, crescita e stato nutrizionale migliore dei non scrinati e questo si ripercuote favorevolmente anche sull’andamento della funzionalità respiratoria. In relazione a questi dati una gran parte degli stati europei e la maggior parte degli stati americani (inizialmente critici) hanno allestito (o stanno allestendo) la procedura dello screening neonatale, ritenendo questo intervento sanitario vincente alla prova del bilancio costi/benefici.
Ma c’è anche un altro fatto, ed è qui che entriamo più in merito al problema di chi ci scrive e ci comunica la sua sofferenza e il suo disagio: nella fibrosi cistica, sicuramente molto più che nelle altre due malattie citate sopra, l’età di comparsa dei primi sintomi è abbastanza variabile, e c’è una piccola quota di bambini (non sappiamo ancora di che entità, ma certamente assai contenuta) che lo screening è in grado di far emergere, ma che non manifesterebbero la malattia prima dell’adolescenza o addirittura dell’età adulta. In questi bambini spesso non si consiglia un trattamento particolare, ma si ritiene indicata una strategia di controlli, di “attesa” per sorvegliare l’evoluzione (si può leggere a questo riguardo la risposta “Incertezza sulle forme atipiche di fibrosi cistica“, del 21/12/06)
E’ giustificato per il vantaggio della maggior parte dei malati (che stanno meglio se diagnosticati precocemente) che questo numero più ristretto sia “defraudato” dei suoi sogni? E’ giustificato che questi sogni siano ridimensionati senza che nessun apparente beneficio possa essere offerto? Qual’è il vantaggio “personale” della conoscenza di una situazione del genere? Il disagio e l’incertezza personali sono giustificati dal vantaggio indubbio che ha il mondo scientifico a raccogliere casi, dati, esperienze, che potranno essere utilizzati di nuovo in una dimensione “collettiva”? (Si può leggere l’aggiornamento “Lo screening neonatale dovrebbe diagnosticare anche le forme atipiche di fibrosi cistica?“, nella sezione “Progressi di Ricerca”, del 17/07/09) .
Per riportare al centro l’ago della bilancia potremmo citare lettere di mamme in cui lo screening ha dato informazioni errate (ha fatto coltivare i sogni, invece di interromperli) e sono profondamente critiche nei confronti della sanità, perchè il loro bambino, che pure sta bene, non ha avuto una diagnosi più precoce e temono di “aver perduto tempo prezioso”
(si può leggere la risposta “L’approccio clinico prevale sui test di laboratorio“, del 13/05/09)
Alla fine, il problema molto complesso è capire come una misura sanitaria come lo screening, che è per definizione di ” massa”, può tutelare le esigenze del singolo individuo e della singola famiglia; e quanto ciascuno di noi, sano o malato, di questa società e delle sue scelte si senta di far parte, discutendone le decisioni e interagendo con chi le prende (chi attua misure di screening dovrebbe valutare anche quale impatto provoca, non solo in termini sanitari) (1); e quanto di questa società sia aiutato a far parte, in questo caso per esempio attraverso il sostegno di curanti intelligenti e credibili, capaci di generare fiducia e far vedere la parte mezza piena del bicchiere (la possibilità di una vita “normale” nonostante il “sapere” ) piuttosto che la parte mezza vuota (l’impossibilità di una vita “normale”, dovuta al “sapere” ).
1) Grob Rachel “Is my sick child healthy? Is my healthy child sick? : Changing parental experiences of cystic fibrosis in the age of expanded newborn screening” Social Science &Medicine 2008; 67:1056-64 “