Sei inHome . Informati . Commenti degli esperti . I fattori che hanno reso il batterio Pseudomonas aeruginosa così pericoloso in fibrosi cistica
Condividi
I fattori che hanno reso il batterio Pseudomonas aeruginosa così pericoloso in fibrosi cistica
30 Luglio 2024
Autore: Giordano Rampioni, Dipartimento di Scienze, Università Roma Tre, Roma
Pseudomonas aeruginosa è un batterio ubiquitario che si trova in molti ambienti naturali, ma è anche un patogeno in grado di causare infezioni sia acute che croniche potenzialmente letali in diversi distretti corporei. L’elevata resistenza agli antibiotici rende le infezioni causate da P. aeruginosa particolarmente difficili da trattare, tanto che ogni anno nel mondo circa 500.000 decessi sono ascrivibili a infezioni causate da tale batterio. Nelle persone con fibrosi cistica (FC), P. aeruginosa è causa frequente di infezioni polmonari croniche che non possono essere eradicate con i trattamenti antibiotici e con i modulatori di CFTR.
Comprendere quali siano i fattori responsabili dell’evoluzione di P. aeruginosa da microrganismo ambientale a patogeno umano consentirebbe di identificare nuovi possibili bersagli terapeutici.
Uno studio per analizzare i tipi di Pseudomonas aeruginosa responsabili di infezioni
In questo contesto, un gruppo di ricerca internazionale nel quale sono compresi i ricercatori della rete FFC Ricerca Giordano Rampioni e Livia Leoni (Dipartimento di Scienze, Università Roma Tre; progetto FFC#10/2023) ha confrontato il DNA di quasi 10.000 ceppi (tipi) di P. aeruginosa isolati negli ultimi 100 anni in varie parti del mondo, dall’ambiente naturale, da animali o da pazienti con diversi tipi di infezione, tra cui l’infezione polmonare FC. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Science.
Lo studio ha consentito di identificare 21 tipologie principali di ceppi geneticamente distinti, definiti in gergo scientifico cloni epidemici, responsabili di oltre il 50% delle infezioni da P. aeruginosa in tutto il mondo. Questi 21 cloni epidemici sono emersi tra la fine del XVII e del XX secolo a partire da ceppi ambientali che hanno acquisito geni da altri microrganismi, e si sono diffusi nel mondo grazie alla loro capacità di causare infezioni nell’uomo.
Per saperne di più
Di particolare interesse è stata l’osservazione che alcuni cloni epidemici sono associati principalmente a infezioni polmonari in persone con FC (cloni FC), mentre altri cloni epidemici causano infezioni prevalentemente in persone che non hanno la FC (cloni non-FC). Sebbene non ci siano evidenti differenze nel DNA tra i cloni epidemici FC e i non-FC, si è visto che i primi regolano l’espressione di specifici geni in maniera differente rispetto ai cloni epidemici non FC. Il fattore responsabile di questa differenza è, almeno in parte, una particolare proteina chiamata DksA. Si tratta di un regolatore globale dell’espressione genica coinvolto nell’adattamento di P. aeruginosa (ma anche di altri batteri) a condizioni di stress, come quelle incontrate nell’ospite nel corso dell’infezione.
Su tale base, esperimenti condotti in modelli animali e su macrofagi (un tipo di globuli bianchi), hanno permesso di comprendere come i cloni epidemici FC siano maggiormente in grado di evadere le difese immunitarie dell’ospite FC rispetto ai cloni epidemici non-FC. Nel dettaglio, è stato dimostrato che un ceppo di P. aeruginosa privo di DksA non è in grado di sopravvivere all’interno di macrofagi F508del, mentre un ceppo con DksA prolifera in tali cellule del sistema immunitario.
Lo studio ha anche consentito di identificare alcuni geni più frequentemente mutati nei cloni FC, suggerendo che P. aeruginosa possa evolvere in ogni singolo paziente e che nel tempo vengano selezionati i cloni più adatti a stabilire un’infezione in quello specifico ospite. Inoltre, si è dimostrato che cloni epidemici FC vengono trasmessi in modo più efficiente ad altre persone con FC rispetto a quelle non-CF, mentre i cloni epidemici non-FC possono infettare più facilmente persone che non hanno la FC rispetto a quelle con FC.
Prospettive future
Oltre ad accrescere la nostra comprensione sui processi evolutivi che possono portare un batterio ambientale a diventare un patogeno umano letale e diffuso in tutto il mondo, il lavoro pubblicato su Science mostra chiaramente come i cloni epidemici FC abbiano caratteristiche peculiari rispetto a quelli non-FC. Ciò getta le basi per l’identificazione di nuovi bersagli molecolari per lo sviluppo di farmaci per il trattamento delle infezioni da P. aeruginosa. Molecole in grado di ridurre l’espressione o l’attività di DksA, per esempio, potrebbero inibire la proliferazione di P. aeruginosa nei macrofagi, limitando in questo modo la capacità del batterio di evadere le difese immunitarie nelle persone con FC.
Esperimenti attualmente in corso sui geni la cui frequenza di mutazione è più elevata nei cloni FC rispetto ai non-FC potrebbero consentire di identificare ulteriori bersagli molecolari di interesse, e quindi di sviluppare nuovi approcci terapeutici volti a ridurre la capacità di P. aeruginosa di stabilire infezioni croniche nel polmone FC.
I fattori che hanno reso il batterio Pseudomonas aeruginosa così pericoloso in fibrosi cistica
Pseudomonas aeruginosa è un batterio ubiquitario che si trova in molti ambienti naturali, ma è anche un patogeno in grado di causare infezioni sia acute che croniche potenzialmente letali in diversi distretti corporei. L’elevata resistenza agli antibiotici rende le infezioni causate da P. aeruginosa particolarmente difficili da trattare, tanto che ogni anno nel mondo circa 500.000 decessi sono ascrivibili a infezioni causate da tale batterio. Nelle persone con fibrosi cistica (FC), P. aeruginosa è causa frequente di infezioni polmonari croniche che non possono essere eradicate con i trattamenti antibiotici e con i modulatori di CFTR.
Comprendere quali siano i fattori responsabili dell’evoluzione di P. aeruginosa da microrganismo ambientale a patogeno umano consentirebbe di identificare nuovi possibili bersagli terapeutici.
Uno studio per analizzare i tipi di Pseudomonas aeruginosa responsabili di infezioni
In questo contesto, un gruppo di ricerca internazionale nel quale sono compresi i ricercatori della rete FFC Ricerca Giordano Rampioni e Livia Leoni (Dipartimento di Scienze, Università Roma Tre; progetto FFC#10/2023) ha confrontato il DNA di quasi 10.000 ceppi (tipi) di P. aeruginosa isolati negli ultimi 100 anni in varie parti del mondo, dall’ambiente naturale, da animali o da pazienti con diversi tipi di infezione, tra cui l’infezione polmonare FC. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Science.
Lo studio ha consentito di identificare 21 tipologie principali di ceppi geneticamente distinti, definiti in gergo scientifico cloni epidemici, responsabili di oltre il 50% delle infezioni da P. aeruginosa in tutto il mondo. Questi 21 cloni epidemici sono emersi tra la fine del XVII e del XX secolo a partire da ceppi ambientali che hanno acquisito geni da altri microrganismi, e si sono diffusi nel mondo grazie alla loro capacità di causare infezioni nell’uomo.
Per saperne di più
Di particolare interesse è stata l’osservazione che alcuni cloni epidemici sono associati principalmente a infezioni polmonari in persone con FC (cloni FC), mentre altri cloni epidemici causano infezioni prevalentemente in persone che non hanno la FC (cloni non-FC). Sebbene non ci siano evidenti differenze nel DNA tra i cloni epidemici FC e i non-FC, si è visto che i primi regolano l’espressione di specifici geni in maniera differente rispetto ai cloni epidemici non FC. Il fattore responsabile di questa differenza è, almeno in parte, una particolare proteina chiamata DksA. Si tratta di un regolatore globale dell’espressione genica coinvolto nell’adattamento di P. aeruginosa (ma anche di altri batteri) a condizioni di stress, come quelle incontrate nell’ospite nel corso dell’infezione.
Su tale base, esperimenti condotti in modelli animali e su macrofagi (un tipo di globuli bianchi), hanno permesso di comprendere come i cloni epidemici FC siano maggiormente in grado di evadere le difese immunitarie dell’ospite FC rispetto ai cloni epidemici non-FC. Nel dettaglio, è stato dimostrato che un ceppo di P. aeruginosa privo di DksA non è in grado di sopravvivere all’interno di macrofagi F508del, mentre un ceppo con DksA prolifera in tali cellule del sistema immunitario.
Lo studio ha anche consentito di identificare alcuni geni più frequentemente mutati nei cloni FC, suggerendo che P. aeruginosa possa evolvere in ogni singolo paziente e che nel tempo vengano selezionati i cloni più adatti a stabilire un’infezione in quello specifico ospite. Inoltre, si è dimostrato che cloni epidemici FC vengono trasmessi in modo più efficiente ad altre persone con FC rispetto a quelle non-CF, mentre i cloni epidemici non-FC possono infettare più facilmente persone che non hanno la FC rispetto a quelle con FC.
Prospettive future
Oltre ad accrescere la nostra comprensione sui processi evolutivi che possono portare un batterio ambientale a diventare un patogeno umano letale e diffuso in tutto il mondo, il lavoro pubblicato su Science mostra chiaramente come i cloni epidemici FC abbiano caratteristiche peculiari rispetto a quelli non-FC. Ciò getta le basi per l’identificazione di nuovi bersagli molecolari per lo sviluppo di farmaci per il trattamento delle infezioni da P. aeruginosa. Molecole in grado di ridurre l’espressione o l’attività di DksA, per esempio, potrebbero inibire la proliferazione di P. aeruginosa nei macrofagi, limitando in questo modo la capacità del batterio di evadere le difese immunitarie nelle persone con FC.
Esperimenti attualmente in corso sui geni la cui frequenza di mutazione è più elevata nei cloni FC rispetto ai non-FC potrebbero consentire di identificare ulteriori bersagli molecolari di interesse, e quindi di sviluppare nuovi approcci terapeutici volti a ridurre la capacità di P. aeruginosa di stabilire infezioni croniche nel polmone FC.