Gentili esperti della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica, diversi studi in vitro, come il test di brushing nasale, indicano che il farmaco Kaftrio (Trikafta) potrebbe offrire benefici significativi anche per pazienti con sole mutazioni di gating, attualmente trattati con Kalydeco. Negli Stati Uniti, la prescrivibilità di Kaftrio è stata estesa a includere tali pazienti (https://www.trikaftahcp.com/treatment-eligibility), offrendo loro un miglioramento aggiuntivo rispetto all’efficacia limitata e talvolta decrescente nel tempo di Kalydeco.
Questa situazione solleva una questione importante: i pazienti con mutazioni di gating, già in trattamento con Kalydeco, dovrebbero avere l’opportunità di accedere a trattamenti potenzialmente più efficaci come Kaftrio? Come possono queste persone perseguire l’accesso a terapie migliorative, considerando l’urgenza dovuta ai progressivi danni alla salute e l’attesa di nuove opzioni terapeutiche?
Questo non va in competizione, anzi si aggiunge alla ben nota necessità di considerare pazienti con mutazioni rare, che ancora non accedono a nessuno di questi trattamenti. La prescrivibilità off-label basata sulle mutazioni così com’è oggi andrà sempre in contrasto con la caratteristica della fibrosi cistica, che è espressione di una varietà enorme di mutazioni non sempre testabili numericamente secondo gli standard attuali: ci saranno sempre mutazioni rare per cui alcuni pazienti saranno costretti a stare fuori da terapie migliorative per una malattia che dovrebbe avere altri paradigmi di sperimentazione. Il farmaco già esiste e viene assunto per questa malattia, potrebbe essere più appropriato parlare di off-label in caso di malattie diverse e non della stessa malattia seppur causata da mutazioni differenti. La professionalità dei medici non dovrebbe essere limitata da vincoli burocratici, ma dar loro possibilità di proporre la miglior cura ai propri pazienti coadiuvati dai più moderni test scientifici, a complemento di quelli standard. Grazie.
Le considerazioni del nostro interlocutore sono tutte ben comprensibili. Occorre peraltro tener conto di altri aspetti.
Il primo di questi è che la prescrivibilità di un farmaco e la sua spesa a carico del sistema sanitario nazionale sono decise da agenzie sui farmaci. La più importante è quella europea, l’EMA, che si esprime sul profilo di efficacia e di sicurezza di un farmaco e sulle categorie di persone a cui questo può essere prescritto. Può richiedere degli approfondimenti, specie in merito alla sicurezza, richiedendo alle aziende studi supplementari specie di fase 4. Le agenzie nazionali, come l’AIFA in Italia, esprimono un parere solo dopo che un farmaco è stato valutato e approvato dall’EMA. Il parere è sia tecnico-scientifico, cioè riconsidera l’efficacia e la sicurezza del farmaco, che economico, cioè viene deciso se il farmaco è prescrivibile ma a pagamento (fascia C) oppure se la spesa è a carico del Servizio sanitario nazionale. Questi passaggi richiedono tempi dettati dalla successione delle diverse fasi.
Il ruolo delle agenzie dei farmaci è quello di salvaguardare la salute delle persone, assicurandosi dell’efficacia e della sicurezza di ciascun farmaco proposto. Inoltre le agenzie nazionali decidono sul prezzo e se questo è a carico del sistema sanitario di quel Paese. Ci sono comportamenti diversi tra le diverse agenzie, che si sono verificate anche nel caso della prescrizione dei modulatori: l’agenzia statunitense, la FDA, decide il prezzo di un farmaco che è però a carico delle diverse assicurazioni dei cittadini e non a carico del bilancio statale. La FDA ha autorizzato l’uso dei modulatori anche sulla base dei test in vitro, mentre l’EMA si è limitata fino a ora ad autorizzare i farmaci che avevano prove di efficacia anche in soggetti con fibrosi cistica (FC).
È possibile che anche EMA si avvicini alle posizioni di FDA: il problema di fondo è la predittività dei diversi test in vitro o ex vivo (cellule nasali, organoidi intestinali, sferoidi di cellule nasali) rispetto alla risposta clinica. Non conosciamo ancora quale è la migliore, né quale test ex vivo è preferibile. Diversi laboratori sono attivi in Italia, ma nessuno è al momento riconosciuto e abilitato da AIFA. Una possibile soluzione potrebbe essere eseguire, dopo il risultato del test ex vivo che dimostra l’efficacia di un farmaco, un test clinico individuale, confrontando il farmaco e il placebo per 4-6 settimane. Si tratta di stabilire la soglia oltre la quale un parametro clinico è migliorato significativamente e clinicamente, anche in base ai risultati dei trial clinici di fase 3 (si veda di seguito l’esperienza francese).
Vertex Pharmaceuticals ha recentemente richiesto a EMA l’allargamento della prescrivibilità di Kaftrio ad alcune mutazioni rare, valutate in vitro e/o in trial clinici. Non conosciamo i dettagli di questa richiesta, ma è possibile che non copra tutte le mutazioni attualmente correggibili da Kaftrio. La richiesta è stata appena sottoposta e attendiamo le decisioni di EMA .
Un’esperienza francese è stata recentemente pubblicata (vedi qui): in 84 persone con FC e malattia polmonare severa, senza la mutazione F508del, è stato somministrato il Kaftrio per 4-6 settimane grazie ad un programma ex-compassionevole, autorizzato dall’agenzia francese. Sono stati valutati l’espettorazione, i sintomi respiratori, il FEV1 e il cloro sudorale. Circa la metà delle persone è stata considerata responsiva alla terapia.
Un recente trial di fase 3 (raccontato qui) ha confrontato in 95 persone con FC e genotipo caratterizzato da una mutazione F508del e una mutazione di gating l’efficacia del Kaftrio rispetto al solo Kalydeco: i risultati hanno dimostrato che il Kaftrio ottiene ulteriori benefici rispetto al Kalydeco. È molto probabile che questi dati siano stati sottoposti recentemente a EMA da Vertex Pharmaceuticals ed è probabile che l’agenzia europea riconosca il beneficio ottenuto e dimostrato con un trial clinico.