In questa campagna mi ci sento bene, io sono molto diretto, ormai lo sapete (ride, ndr). Diretto e ironico, sarcastico. Avevo apprezzato il concept anche nella sua primissima versione, quando ne ho parlato con il team di NEWU. So anche che la Fondazione ha preso in considerazione la possibilità che per alcuni potesse essere troppo, magari i bambini. Spiegarlo ai figli e accompagnarli però è compito dei genitori. La campagna deve colpire chi non ne sa nulla.
Dal mio punto di vista di persona con la malattia, e di malato che non può prendere Kaftrio, troverei incredibile che qualcuno rifiutasse di sposare la campagna e non la sentisse come uno strumento forte, potente. Non è che si scherza sulla fibrosi cistica, anzi è un modo per far capire come ci si sente. Oggi io sto bene, mi sento normale, ma immagino anche chi sta peggio. Mi ricordo della “prova della cannuccia”. Secondo me vedere sullo schermo un ragazzo “incellophanato” ti cattura di più, ti spinge a chiederti di cosa si tratta e a dare una mano.
Inizialmente mi ha scritto Giulia per mettermi in contatto con Natalie (NEWU), la quale ha organizzato un incontro su Teams insieme ad Angelica (NEWU) per conoscermi e sapere com’è vivere con la fibrosi cistica. Erano attente e caute, sinceramente interessate a scoprire di più. Le idee iniziali sono state lo scatto con la mano che mi tappa il naso e la foto con un amico (da affiancare a me, per dire che la malattia non si vede). La prima prova l’abbiamo fatta rapidamente: mano di mamma e scattata da papà (la mamma, Francesca Farma, è responsabile della Delegazione FFC Ricerca di Tradate Gallarate, ndr). Per la seconda mi ero dovuto muovere con un amico, perché era necessario che qualcuno accettasse eventualmente di far comparire il proprio volto sui media.
Personalmente come idea quella con la mano mi è piaciuta di più, l’altra insomma. Alla fine tra mano e cellophane, la seconda ha più senso, perché la malattia non è umana, ma qualcosa di esterno – che però è interno. E poi adesso che stiamo girando, immaginare di avere la mano di qualcuno sul viso tutto questo tempo mi avrebbe fatto impressione.
Sono mezzi più immediati che possono raggiungere anche i più giovani, che è la cosa più importante. Queste generazioni guardano più lo streaming o i social in generale, difficilmente la TV. E poi il bello dei social è che puoi targettizzare, è una pubblicità più precisa.
È anche una responsabilità, comunque. Mi è anche successo che dei genitori di bambini piccoli con FC mi scrivessero per dei consigli su come comportarsi, ma io sono figlio, non genitore.
Ci andranno i miei, io non ci vado perché ci sono gli altri malati e non è prudente. Fruirò invece della parte di aggiornamento scientifico in streaming.