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24 Febbraio 2010

E’ possibile per un bambino FC essere seguito dal medico di casa in collaborazione con il Centro FC?

Autore: Mimmi
Domanda

Leggendo la Newsletter FFC, che periodicamente ci viene girata così da metterci al corrente sulle nuove tematiche, mi sono soffermata con interesse alla sezione “nuove linee guida in seguito a diagnosi incerta ecc”. E un po’ veniva fuori fondamentalmente quello che è anche un mio problema e pensiero! Per nostro figlio, con 3 test del sudore dubbi e totale assenza di sintomi, abbiamo avuto la diagnosi di FC a seguito di sequenziamento genetico! Risultato: 1^ mutazione nota e ben conosciuta, 2^ mutazione rara e dubbia.
Questa premessa, solo per arrivare a dire che sono passati 2 anni dalla nascita del bebè e siamo seguiti periodicamente dal centro di riferimento, a tuttora sempre constatando un “normale” stato di salute, sia sotto il punto di vista della crescita sia sotto il punto di vista respiratorio. Cerco di sintetizzare: se non fossimo partiti dallo screening neonatale, ad oggi noi saremmo tra coloro che vedono un bambino senza apparenti problematiche per le quali si debba ricorrere al medico. Mi rendo conto, visto che il problema per noi comunque sussiste, dei notevoli benefici che possiamo e che stiamo traendo da questa serrata osservazione: facciamo terapia preventiva, PEP, esercizi respiratori ed interveniamo tempestivamente quando occorre! Dall’altra, corriamo sempre il rischio, essendoci la modificazione genetica, che frequentando il DH FC nostro figlio possa contrarre infezioni. Purtroppo, rischio non di poco conto. Allora, noi in Italia a che punto siamo? Non si potrebbe delegare di più al medico di famiglia? Noi genitori di pazienti FC siamo iper-attenti a cogliere una pur minima problematica! Il Pediatra di famiglia sarebbe in grado di auscultare il torace, eseguire un tampone faringeo, pesare e controllare lo stato di crescita, fare una richiesta e farci inviare il campione feci e così, almeno fino a quando lo stato di salute del soggetto lo permette, frequentare il meno possibile l’ospedale! Certo, la visita annuale si manterrebbe, anche due. Lo debbo proporre io al centro o ancora è una realtà utopistica?
PS: il discorso potrebbe essere esteso alle forme classiche ma ben compensate credo. Con sentita ammirazione.

 

Risposta

Il problema sollevato riguarda il ruolo del “medico di famiglia” o del “pediatra curante” nei casi di bambini che sono stati diagnosticati come affetti da FC atipica in base allo screening neonatale e che per questo fanno riferimento, come consigliato, ad un Centro FC, e che però potrebbero trarre vantaggi da un maggiore “appoggio” da parte del pediatra curante. Viene ipotizzato che il pediatra potrebbe farsi carico di eseguire quel ristretto numero di indagini che vengono suggerite e potrebbe trasmetterne il risultato al Centro. Il bambino quindi potrebbe “frequentare ” il Centro il meno possibile, vale a dire solo quando comparissero sintomi o fosse necessaria l’introduzione di interventi terapeutici specifici. Verrebbe quindi diminuito con notevole sollievo per i familiari il rischio di acquisire presso il Centro batteri potenzialmente dannosi.

L’ipotesi fatta è giustissima e non deve essere considerata un sogno irrealizzabile. Vari Centri, anche in Italia, hanno cercato di realizzare un ponte con il pediatra e le strutture sul territorio per l’assistenza al bambino di nuova diagnosi (sia diagnosi incerta di FC che diagnosi classica) (1).

E’ però un’operazione di strategia sanitaria non semplice da realizzare. Il medico o pediatra curante non può essere un medico “qualsiasi”: il Centro e i genitori dovrebbero chiedergli un ruolo “particolare” e spetta a lui decidere e dire apertamente se questo ruolo particolare si sente di assumerlo e mantenerlo. Per questo ruolo è richiesta la sua disponibilità all’acculturamento sulla malattia FC (tipica o atipica), e anche la disponibilità a spendere tempo nei contatti con il Centro, e a “sostenere” la famiglia nei momenti più o meno “incerti” o difficili che dovesse attraversare.

Il Centro poi a sua volta deve essere disponibile a far “crescere” la competenza del curante, fornendogli materiale informativo, condividendo valutazioni e dati di esperienza, offrendogli la possibilità di un canale di facile accesso per le consultazioni. Per ragioni di varia natura (carenza di personale, di risorse dedicabili, impossibilità al cambiamento delle procedure e così via), non tutti i Centri possono essere disponibili ad iniziative di questo genere.

Perchè un’operazione del genere abbia successo occorre che tutti quelli che ne sono coinvolti (Centro, genitori, pediatra curante) siano convinti della sua fattibilità e utilità. Ci viene chiesto se è il genitore che deve proporla al Centro: certo il genitore deve comunicare al Centro le sue difficoltà e i suoi dubbi, e discutere con i medici del Centro se ci sono tappe o scelte organizzative diverse da quelle fin qui suggerite. Può farlo soprattutto il genitore che conosca la disponibilità del pediatra curante del suo bambino.

Circa il rischio di contrarre eventuali batteri patogeni negli ambienti di un centro FC, vi è da dire che un tale rischio è oggi assai contenuto, stante le precauzioni di igiene e di isolamento tra malati che oggi quasi tutti i centri hanno adottato.

1) “Il Progetto Ninfea: un sistema per migliorare i rapporti fra il Centro FC e i medici di base” , in “Progressi di Ricerca”, 24/08/08

G. Borgo


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