Lo screening neonatale per individuare in epoca precoce i bambini affetti da fibrosi cistica (FC) è uno dei punti fondamentali della moderna gestione di questa patologia. Riconoscere, infatti, un bambino affetto già poco dopo la nascita, permette di intervenire con misure e terapie adatte a prevenire la comparsa di eventuali sintomi e ha un impatto sicuramente positivo sull’evoluzione della malattia.
Lo screening neonatale è lo strumento adatto per definire, nella popolazione generale dei nuovi nati, quelli in cui la possibilità di essere affetto dalla patologia è superiore a quella della popolazione generale. Se il bambino presenta un risultato allo screening al di fuori della norma, è candidato a effettuare indagini più approfondite per escludere o confermare la diagnosi della malattia. La procedura scelta nei singoli Paesi in cui viene effettuato lo screening per la fibrosi cistica è molto variabile e non esistono ad oggi raccomandazioni univoche a valenza internazionale, anche se, nelle ultime linee guida europee sulla migliore gestione del paziente FC, viene affermato che lo screening neonatale deve essere in grado di diagnosticare oltre il 95% dei soggetti affetti.
Gli autori di questo lavoro, Clinici e Ricercatori afferenti al Centro FC Regionale di Firenze, hanno studiato l’impatto delle diverse strategie di screening adottate nel corso degli anni presso il loro Centro, traendone osservazioni utili per fare chiarezza su pregi e limiti delle diverse procedure adottabili. Per ognuna delle strategie di screening utilizzate è stata calcolata la percentuale di sensibilità (capacità di individuare tutti i soggetti affetti dalla patologia, limitando il più possibile i soggetti risultati negativi allo screening, ma affetti dalla malattia = falsi negativi) e la percentuale di specificità (capacità di individuare solo i soggetti affetti, limitando il più possibile i soggetti risultati positivi allo screening, in cui la diagnosi di malattia non è confermata dal test diagnostico = falsi positivi).
Lo screening neonatale per FC in Toscana è iniziato nel 1984 e i dati retrospettivi sono stati raccolti fino all’anno 2018. In questi 34 anni di attività sono stati sottoposti a screening 919.520 neonati. Per tutto il periodo di osservazione, il test del sudore è stato l’esame definitivo a cui sono stati sottoposti i bambini positivi allo screening per escludere o confermare la diagnosi di FC.
Sono state utilizzate quattro differenti procedure:
La sensibilità del test di screening è aumentata nel tempo se rapportata alle diverse strategie adottate: il valore di 68. 75% è risultato associato alla prima strategia, 83.33% alla seconda, 87.50% alla terza e 96.15% è risultato il valore associato all’ultima strategia adottata. Il valore riferito alla specificità è rimasto invece sostanzialmente costante e molto buono per tutto il periodo studiato (rispettivamente di 99.82%, 99.77%, 99.82% e 99.75%). Quindi nel tempo si è ottenuta una netta diminuzione di bambini sfuggiti alla diagnosi pur essendo malati; scarsissimo il numero di quelli sospettati malati ma invece sani.
Non sono entrati nella valutazione dei risultati riferiti a sensibilità e specificità i bambini affetti alla nascita da ileo da meconio, quadro clinico di per sé fortemente evocativo della diagnosi di FC, ma che spesso si associa a un risultato falsamente nella norma del dosaggio ematico di IRT.
A commento del loro studio, gli autori sottolineano gli ottimi risultati ottenibili con l’introduzione dell’analisi genetica nella procedura di screening neonatale, anche se l’elevata sensibilità raggiunta con la quarta strategia adottata è dovuta, seppur in minima parte, anche al dosaggio parallelo della lattasi, che può fornire informazioni in caso di mutazioni molto rare causa di malattia e non presenti nel pannello genetico applicato.
Tre ultime considerazioni sono inoltre da riferire a questa metodica di screening. La prima riguarda l’aumento della popolazione dei soggetti definiti CFSPID (Cystic Fibrosis Screening Positive Inconclusive Diagnosis), bambini cioè risultati positivi allo screening in base all’indagine genetica ma in cui né il test del sudore, né una ricerca di mutazioni CFTR ulteriormente allargata possono essere conclusivi per confermare o escludere la diagnosi. Questo può essere considerato un effetto negativo, anche se il quadro clinico dei soggetti CFSPID sembra ormai diventato parte integrante del quadro patologico estremamente polimorfo e variegato della FC, e mantenere sotto controllo un bambino che ha una certa probabilità, seppure bassa, di sviluppare nel tempo la malattia può essere vantaggioso. Le altre due da considerare riguardano i vantaggi associati a questa strategia di screening neonatale: la documentata maggiore rapidità nella formulazione della diagnosi (una media di età alla diagnosi di 38 giorni rispetto alla media proprie delle altre strategie che era pari a 52 giorni) e l’individuazione di portatori sani di malattia, con ricaduta diretta sulla possibilità di effettuare un’analisi genetica mirata nel gruppo familiare a cui il bambino identificato appartiene.
Botti M , Terlizzi V , Francalanci M, Dolce D, Cavicchi MC, Neri AS, Galici V, Mergni G, Zavataro L, Centrone C, Festini F , Tacetti G. “Cystic fibrosis in Tuscany: evolution of newborn screening strategies over time to the present.” 2021 Jan 6;47(1):2.Ital J Pediatr doi: 10.1186/s13052-020-00948-8.