Il congresso organizzato dall’ECFS (European Cystic Fibrosis Society) a Vienna dal 7 al 10 giugno è stato l’appuntamento più rilevante a livello europeo sulla ricerca e sulle terapie per la fibrosi cistica (FC). Gli interventi del congresso hanno coperto praticamente tutti gli aspetti della malattia, con interventi che andavano dalla nutrizione alla terapia genica e agli studi clinici in corso. Sono stati diverse le presentazioni di ricercatori impegnati in progetti finanziati da FFC Ricerca: le ricercatrici Angela Della Sala e Alessandra Murabito dell’università di Torino hanno discusso, in sessioni diverse, i risultati del progetto FFC#3/2022, coordinato da Emilio Hirsch sullo sviluppo del peptide derivato dall’enzima PI3Kγ in grado di ripristinare la funzionalità del canale CFTR mutato. Anna Cereseto, dell’Università di Trento responsabile del progetto FFC#2/2021 e del progetto strategico GenDel-CF (che partirà a breve) ha invece moderato un simposio e un workshop sull’uso della terapia genica in FC. L’intervento di Ivan Lorè ha invece mostrato i risultati del progetto FFC#7/2022, attualmente in corso, focalizzato allo studio di isolati clinici di Mycobacterium abscessus, mentre Cristina Cigana ha presentato i dati di uno studio sulla relazione tra CFTR e l’infezione da SARS-CoV-2. Sempre nell’ambito microbiologico, Maria Luisa Mangoni ha presentato i risultati degli esperimenti sui peptidi Esc ottenuti all’interno del progetto FFC#4/2022 e sulla loro attività di potenziatori. Lo screening neonatale e la diagnosi precoce di FC sono stati invece gli argomenti sui quali è stato chiamato a esprimersi Carlo Castellani del Gaslini di Genova e nostro Direttore scientifico
Abbiamo fatto una selezione degli interventi più rilevanti e più vicini alla nostra mission che riassumiamo qui di seguito.
Una delle prime presentazioni del congresso è stata di Eric Alton, professore di Terapia genica e Medicina respiratoria dell’Imperial College di Londra, con il titolo quanto mai suggestivo Terapia genica in FC: il santo graal? Alton ha fatto il punto sulla terapia genica in FC, ricordando che negli ultimi anni sono stati migliorati i vettori per trasferire il gene terapeutico nelle cellule, grazie allo sviluppo dei vettori resi autoinattivanti (SIN, Self-INactivating) abbassando così il rischio di inserirsi in porzioni del genoma non volute. Rimangono questioni aperte circa il delivery, il dosaggio della terapia genica, la “mobilità” delle persone con FC tra i diversi studi clinici e l’effetto sinergico con i modulatori che non è ancora stato sufficientemente indagato.
Molta attenzione è stata data alle mutazioni rare, come approfondito dalla presentazione dal titolo Mutazioni rare e modulatori: chi manca? di Jeffrey Beekman del Centro di Medicina rigenerativa dell’Università di Utrecht (Paesi Bassi), che ha riferito che delle 2114 mutazioni sul gene CFTR associate a FC, il 38,6% sono missenso. Tra le varianti del gene CFTR causative della FC presenti nel database CFTR2, che usa le informazioni cliniche di 89.000 pazienti con FC, il 18% potrebbe essere trattato con i modulatori attualmente disponibili. Questo potrebbe valere per il 96% delle persone con FC di etnia nordeuropea.
Nicoletta Pedemonte del Gaslini di Genova, e vicedirettore di Fondazione, ha invece parlato di theratyping su cellule epiteliali nasali e cellule bronchiali immortalizzate. Dai dati presentati emerge che tra le 177 mutazioni considerate dalla FDA “responsive” a ETI (elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor, cioè le molecole presenti nel farmaco Kaftrio), non tutte rispondono allo stesso livello, ma è possibile migliorare la risposta con nuovi modulatori. Per esempio, si è visto che nei casi in cui la somministrazione dei composti avviene per un tempo prolungato o in aggiunta all’apigenina (un composto naturale con attività di co-potenziatore) si ha un miglioramento nel recupero di CFTR mutato. Il messaggio che Pedemonte ha voluto lasciare all’audience è che sono necessari nuovi potenziatori con meccanismo d’azione diverso da ivacaftor.
Fabrice Lejeune dell’Università di Lille (Francia) ha invece parlato dei meccanismi per il recupero delle mutazioni stop e fatto il punto su alcuni composti in sviluppo. Tra quelli citati dal ricercatore c’è Ataluren (principio attivo del farmaco Translarna per la distrofia muscolare di Duchenne) che non ha però dimostrato benefici clinici in studi di fase 3 , ELX-02 che non ha dato risultati apprezzabili nello studio di fase 2, e la molecola NV245 della ricercatrice Ivana Pibiri dell’Università di Palermo, finanziata da FFC Ricerca, recentemente presa in licenza da un’azienda farmaceutica. Lejeune ha aggiunto a questa lista di molecole anche DAP (2,6-diaminopurine), composto estratto dal fungo Lepista flaccida e sviluppato nel suo laboratorio che ha mostrato risultati promettenti in esperimenti su modelli sperimentali in vivo, recuperando l’attività di CFTR con mutazioni di stop come W1282X.
Uno degli ambiti più rilevanti della ricerca, anche nel campo della fibrosi cistica, è quello del delivery dei farmaci, ovvero di meccanismi per veicolare nelle cellule bersaglio composti a base di terapia genica, antibiotici o antinfiammatori. Un tipo di trasportatore particolarmente studiato sono le nanoparticelle, piccole navette trasportatrici fatte di materiale inorganico che, in FC, devono essere in grado di muoversi attraverso il muco. Il ricercatore Stephen Hart dell’UCL (University College London, Regno Unito) ha presentato alcuni risultati sul trasporto del correttore VX-809 e dell’mRNA di CFTR con diverse formulazioni di nanoparticelle.
Sempre sul tema delle nanoparticelle è intervenuto anche Koen Raemdonck della Ghent University (Belgio), che segnaliamo perché è partner del nuovo progetto strategico di Fondazione (GenDel-CF) coordinato da Anna Cereseto. Raemdonck ha presentato i risultati di alcuni esperimenti sull’uso di nanoparticelle contententi l’mRNA di CFTR per raggiungere le cellule del polmone. È stata mostrata l’efficacia di queste formulazioni e sottolineata l’importanza di riuscire a superare la barriera naturale data dal muco dei polmoni attraverso opportune modifiche chimiche alle nanoparticelle stesse.
Nella sessione dedicata alla ricerca clinica in FC sono stati presentati i risultati degli studi clinici dai ricercatori di diverse aziende farmaceutiche, di cui riportiamo di seguito un breve resoconto.
Jennifer Taylor-Cousar di 4D Molecular Therapies, ha presentato lo studio clinico di fase 1-2 nel quale si usa la terapia genica basata sul vettore AAV (adenovirale) in grado di veicolare per aerosol il gene CFTR opportunamente modificato nelle cellule epiteliali di polmone.
Joshua Galanter di Genentech Inc., ha presentato i dati dello studio clinico per valutare la sicurezza, la tollerabilità e la farmacocinetica (cioè il suo effetto sull’organismo) di un composto con attività di potenziatore di TMEM16A (proteina canale importante a livello polmonare) nella formulazione di polvere secca (GDC-6988).
Philip Robinson del Royal Children’s Hospital di Melbourne (Australia) ha presentato i risultati dello studio in fase 3 degli effetti del Kaftrio sul metabolismo del glucosio riportando che il trattamento con modulatori ha portato a benefici clinicamente significativi nella regolazione della glicemia.
Jane Davies del Royal Brompton Hospital di Londra ha presentato una nuova modalità di impostare uno studio clinico in bambini 1-4 mesi per valutare la sicurezza ed efficacia di ivacaftor.
Nicole Hamblett, biostatistica del Seattle Children’s Research Institute (USA) ha presentato SIMPLIFY, uno studio clinico per valutare la possibilità di interrompere la terapia fluidificate del muco, basata sull’inalazione della soluzione salina ipertonica e della dornasi alfa in persone in trattamento con il farmaco Kaftrio. È stato mostrato che l’interruzione giornaliera di queste terapie per 6 settimane non determina differenze clinicamente significative nella funzione polmonare rispetto al proseguimento del trattamento.
Jafri Hasan di Aridis Pharmaceuticals, ha portato i dati della fase 2, appena completata, di uno studio sull’efficacia del citrato di gallio in forma inalatoria (AR-501) sulle infezioni da Pseudomonas aeruginosa in persone con FC.
Nella sessione dedicata alle terapie a base di batteriofagi, intitolata C’è un futuro per la terapia fagica in FC?, sono stati presentati gli ultimi aggiornamenti in questo ambito e sono stati trattati i temi di resistenza cronica agli antibiotici da parte dei batteri in FC che potrebbe essere superata con la terapia fagica e la sua possibile azione sinergica con gli antibiotici, come riportato da Anna Pistocchi dell’Università di Milano. In risposta alla domanda sottesa alla sessione, il messaggio lasciato dai relatori intevenuti è che la terapia fagica è sicura da somministrare e dovrebbe essere associata agli antibiotici convenzionali. Ci sono ancora questioni da chiarire tra cui, una delle più rilevanti, è relativa alla via somministrazione: non è stata infatti definita qual è la più efficace né i parametri del dosaggio.