Il DNA è una macromolecola particolarmente adatta alla conservazione e trasmissione dell’informazione genetica. Ciò è principalmente dovuto sia alla sua stabilità chimica che al fatto di risiedere nel nucleo delle cellule, un ambiente particolarmente protetto. La sequenza lineare di una porzione di DNA è chiamata gene (ad esempio il gene CFTR). Perché l’attività delle cellule possa essere diretta dall’informazione contenuta nel DNA, è necessario che tale informazione venga esportata dal nucleo al resto della cellula. Di questo compito si incarica un’altra macromolecola chiamata RNA messaggero, con un’esistenza più dinamica di quella del DNA dato il suo ruolo di trasformazione dell’informazione in messaggio. La porzione di DNA relativa a ciascun gene, viene copiata in un RNA complementare (un processo chiamato trascrizione) che, subendo una serie di modifiche, diventa il corrispondente RNA messaggero (abbreviato mRNA). Durante questi processi, l’informazione originale relativa a ciascun gene contenuta nel DNA, oltre ad uscire dal nucleo, subisce anche una rielaborazione quantitativa e qualitativa. La rielaborazione quantitativa può essere molto ampia, ad esempio dal DNA del gene CFTR il corrispondente RNA messaggero viene prodotto in grande quantità solo in certi tipi di cellule (come quelle degli epiteli respiratori polmonari), in altri tipi ne viene prodotto meno, in altri ancora non viene prodotto affatto. Inoltre, la trascrizione può anche subire variazioni temporali con, ad esempio, l’RNA messaggero di un certo gene presente solo in un ben preciso intervallo di tempo, anche in relazione a stimoli esterni alla cellula. La rielaborazione qualitativa consiste in una maturazione dell’RNA al quale vengono tolti dei pezzi, pur presenti nel DNA, contestualmente riagganciando le estremità rimaste libere; questo processo è chiamato “splicing”, un termine che letteralmente può essere tradotto come “saldatura”. Infine, in un ulteriore e successivo processo, chiamato traduzione, il messaggio contenuto nell’RNA viene utilizzato per produrre la corrispondente proteina, che è poi la macromolecola che in effetti svolge gli specifici compiti nella cellula, come ad esempio la funzione di canale per la proteina CFTR. Le mutazioni (cioè le alterazioni della sequenza lineare) del DNA di un gene, se insorgono in zone particolari possono danneggiare il processo di splicing (e prendono appunto il nome di mutazioni di splicing), originando un RNA messaggero non correttamente maturo, al quale potrebbero mancare o essere aggiunti pezzi in maniera sbagliata. Ovviamente, un RNA messaggero così alterato non potrà essere tradotto in una proteina in grado di svolgere i propri compiti. Le mutazioni che alterano la maturazione dell’RNA messaggero rappresentano una porzione significativa di tutte le mutazioni all’origine delle malattie genetiche. In particolare, nella Fibrosi Cistica le mutazioni di splicing rappresentano almeno il 12% delle mutazioni totali.
In un lavoro recentemente pubblicato, risultato di studi finanziati dalla Fondazione Ricerca FC (1), gli Autori hanno preso in considerazione 3 geni, le mutazioni dei quali sono all’origine di altrettante gravi malattie genetiche: il gene per il Fattore IX della coagulazione, responsabile dell’Emofilia B, il gene SMN, responsabile dell’Atrofia Muscolare Spinale e il gene CFTR, responsabile della Fibrosi Cistica. In particolare, per quanto riguarda la Fibrosi Cistica, una porzione del DNA del gene CFTR, all’interno della quale sono state introdotte mutazioni di splicing, è stata inserita in una macromolecola di DNA più grande, contenente una serie di elementi atti alla produzione di un pezzetto di RNA messaggero relativo alla porzione di gene in studio. Questi sistemi sperimentali sono chiamati, in generale, costrutti (o vettori), proprio perché vengono costruiti a partire da (e veicolano) elementi genetici semplici, con origini tra le più disparate. Questi elementi vengono artificialmente combinati tra loro mediante le tecniche della cosiddetta ingegneria genetica, dipendentemente dalle esigenze del ricercatore. Approcci sperimentali di questo tipo consentono di indagare il funzionamento di singoli elementi genetici al di fuori del loro ben più complesso contesto naturale umano costituito dall’intero DNA genomico e dalla cellula che lo contiene.
I particolari vettori utilizzati in questo studio sono chiamati minigeni ibridi. “Mini”, perché contengono solo una porzione del gene in studio; “geni”, perché, pur limitatamente alla zona in studio, contengono l’informazione genetica in grado di produrre una porzione di RNA messaggero; “ibridi”, perché la macromolecola finale contiene, oltre alla porzione del gene in studio, un mosaico di elementi, spesso di origine virale, che servono allo scopo sperimentale. Per il corretto funzionamento di questi minigeni ibridi è necessario l’ambiente cellulare. Gli Autori hanno quindi inserito il minigene relativo alla porzione di interesse del gene CFTR, all’interno di cellule epiteliali umane in coltura, permettendo la serie di eventi biologici che portano alla formazione e maturazione del tratto di RNA in studio.
Mediante questo sistema sperimentale hanno verificato che le mutazioni introdotte alterano la maturazione dell’RNA messaggero del CFTR. Gli Autori avevano quindi a disposizione un sistema sperimentale (costituito dai minigeni e dalle cellule nelle quali erano stati introdotti) che riproduceva l’effetto delle mutazioni di splicing. Questo sistema è stato quindi utilizzato per cercare di correggere l’anomalia introdotta da queste mutazioni. Per far ciò, gli Autori hanno utilizzato un altro tipo di costrutti, anch’essi artificialmente inseriti nelle cellule utilizzate per lo studio, volti alla produzione di una piccola molecola di RNA (chiamata snRNA: piccolo RNA nucleare), della stessa natura chimica dell’RNA messaggero, ma con la sequenza delle unità costitutive, e quindi con una funzione, completamente diverse. Normalmente, questi snRNA sono coinvolti nelle primissime fasi della maturazione dell’RNA messaggero, mediante il riconoscimento di alcune zone specifiche dell’RNA messaggero immaturo (chiamato pre-mRNA). Queste zone vengono in un certo senso “marcate” dal legame di questi snRNA che consentono il reclutamento di altri effettori biologici che operano la maturazione finale dell’RNA messaggero. Le mutazioni di splicing impediscono il corretto riconoscimento tra gli snRNA normali e l’RNA messaggero immaturo mutato che, di conseguenza, non subisce la corretta maturazione.
Gli Autori hanno prodotto snRNA mutati consentendo il riconoscimento delle sequenze mutate dell’RNA immaturo. In pratica hanno sostituito il riconoscimento fisiologico tra snRNA normale e RNA immaturo normale, con il riconoscimento “terapeutico” tra snRNA mutato e RNA immaturo mutato. Ciò ha in effetti consentito la successiva serie di eventi fino alla corretta maturazione dell’RNA messaggero, dimostrando la possibilità di correzione dei difetti di splicing mediante snRNA specifici. Questo tipo di approccio era già stato utilizzato in passato anche da altri Autori con buoni risultati, evidenziando tuttavia la possibilità di interferenza degli specifici snRNA utilizzati con la maturazione dell’RNA messaggero di altri geni; ciò a causa della scelta, come bersagli, delle zone interessate dalle mutazioni di splicing, che sono simili in molti geni (si parla di zone “conservate”).
Per ovviare a questo effetto indesiderato, gli Autori di questo articolo hanno introdotto una novità, che consiste nello scegliere come bersaglio per gli snRNA, non le zone specificamente interessate dalle mutazioni, ma zone adiacenti, che generalmente sono meno simili tra i diversi geni (si parla di zone “non conservate”). In questo modo c’è la possibilità di intervenire in maniera più specifica solo sull’RNA messaggero immaturo mutato del gene malattia che si intende correggere, con esclusione di quelli relativi ad altri geni che sarebbero danneggiati dall’intervento. Gli Autori hanno chiamato ExSpeU1 questo particolare tipo di snRNA ed hanno eseguito un iniziale screening per la scelta del miglior ExSpeU1 in grado di correggere i difetti di splicing in studio del CFTR.
Gli Autori hanno quindi dimostrato l’efficacia nella correzione di diverse mutazioni di splicing mediante un singolo ExSpeU1 specifico per la zona del CFTR in studio. Nello stesso lavoro, l’efficacia di questo approccio è stata anche dimostrata sul gene del Fattore IX (le cyui mutazioni causano l’emofilia B) e sul gene SMN (le cui mutazioni causano l’atrofia muscolare spinale o SMA). Relativamente al Fattore IX, gli Autori hanno dimostrato che l’effetto correttivo a livello di RNA messaggero riesce a normalizzare anche la corrispondente proteina e l’attività coagulante. Per quanto riguarda il gene SMN, gli Autori hanno evidenziato la correzione anche in cellule che normalmente contengono il gene SMN nel loro DNA e, a partire da esso, producono il corrispondente RNA messaggero, e non solo nel sistema sperimentale nel quale parte di questo gene, sotto forma di costrutto, è stata artificialmente introdotta.
Questo studio dimostra che, in sistemi sperimentali altamente controllati, un piccolo RNA specifico per una zona dell’RNA messaggero in maturazione di un gene, può correggere l’effetto di mutazioni di splicing presenti in quella zona. Il particolare approccio seguito dagli Autori è estremamente interessante, oltre che per la dimostrazione della sua efficacia, anche perché risulta più specifico di quelli disponibili finora, quindi con minori possibilità di alterazioni indesiderate della maturazione di RNA messaggeri di altri geni. Anche la possibilità di trattare mutazioni di splicing diverse, presenti quindi in diversi pazienti, con la stessa molecola terapeutica, è un’ interessante caratteristica di questo approccio.
Considerando il complesso dei risultati ottenuti dagli Autori sui 3 geni malattia studiati, si può anche affermare che l’effetto correttivo esercitato a livello dell’RNA messaggero consente la produzione di una proteina normalmente funzionante e che, inoltre, la correzione avviene anche in contesti cellulari più fisiologici rispetto ai sistemi sperimentali utilizzati per l’ottimizzazione del metodo. Questo lavoro si inserisce nel quadro delle ricerche volte a correggere specifiche classi di mutazioni, agendo sull’effetto che queste hanno (in questo caso l’alterata maturazione dell’RNA) piuttosto che sulla causa (l’alterazione nella sequenza del DNA). Questo approccio sembra attualmente più vicino all’utilizzo terapeutico di quanto non lo sia la cosiddetta terapia genica (la correzione del difetto di base nel DNA). E’ possibile ipotizzare l’evoluzione di questi studi mediante la loro ulteriore applicazione al genoma cellulare, più complesso dei sistemi genici utilizzati per la maggior parte degli esperimenti di questo lavoro, nonché a tipi cellulari più simili a quelli che dovranno essere poi trattati nei pazienti con Fibrosi Cistica. Successivamente saranno necessari studi su modelli animali e, infine, i trials clinici sui pazienti. A questo riguardo è prevedibile che, tra le sfide che dovranno essere affrontate nel cammino verso l’uso clinico di questo approccio, ci sarà l’individuazione di appropriate strategie sia per raggiungere in maniera efficace le cellule bersaglio (ad esempio polmonari) dei pazienti, compito più difficile che per cellule in coltura in laboratorio, che per ridurre al minimo gli effetti indesiderati potenzialmente legati al trattamento. Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante considerando che, non essendo questo tipo di correzione permanente, ci sarà la necessità di un trattamento continuo del paziente. Così come per altre classi mutazionali del CFTR, anche per le mutazioni di splicing la ricerca di base sta producendo soluzioni applicative dalle quali non mancheranno di scaturire concreti trattamenti terapeutici.
1- Alanis E. F., Pinotti M., Dal Mas A., Balestra D., Cavallari N., Rogalska M. E., Bernardi F., Pagani F. An exon-specific U1 small nuclear RNA (snRNA) strategy to correct splicing defects. Human Molecular Genetics, 2012 Feb 23, epub ahead of print.