Fibrosi cistica: a Trieste individuata nuova arma vincente per la cura del difetto genetico di base.
La rivista scientifica Human Molecular Genetics dà risalto allo studio finanziato dalla Fondazione Ricerca sulla fibrosi cistica (FFC) Onlus e diretto dal dott. Franco Pagani del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie (Icgeb) di Trieste, che apre una nuova e inedita via per il trattamento di un’anomalia genetica, presente nella fibrosi cistica ma frequente anche in altre malattie genetiche. Individuata una strategia terapeutica alternativa rispetto alla classica terapia genica, per correggere l’effetto delle mutazioni di splicing.
Un nuovo risultato confortante nella lotta alla malattia genetica grave più diffusa, che vede da 15 anni La FFC Onlus impegnata a promuovere promettenti studi e ora a dare concretezza ad una nuova fase: il passaggio dalla sperimentazione di base alla ricerca traslazionale, dal laboratorio al letto del malato. Una delle prime azioni in tale direzione è la costruzione di un “ponte” con le grandi compagnie farmaceutiche. Di cui si parlerà nella imminente Tavola Rotonda organizzata in partnership con il Corriere Salute: “Farmaci orfani per malattie orfane: il caso della fibrosi cistica”, in programma il prossimo 21 marzo a Milano, nella sede della Fondazione Corriere della Sera.
Le hanno definite pallottole molecolari, il loro compito sarà quello di distruggere alcuni spietati meccanismi azionati da pezzetti di DNA che danno origine a gravi malattie genetiche. Si è così aperta una strada assolutamente nuova e inedita nella ricerca di base grazie ad una strategia terapeutica che può correggere il difetto genetico direttamente nella cellula, consentendo così al gene di mantenere l’intero sistema naturale di regolazione, diversamente da quello che rischia di avvenire con la classica terapia genica. L’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica internazionale Human Molecular Genetics dà risalto ad un progetto di ricerca rivolto al trattamento di un’ anomalia cellulare che riguarda diverse malattie genetiche, tra cui quella grave più diffusa, la fibrosi cistica. Stiamo parlando della mutazione definita “splicing”. Lo studio, finanziato dalla Fondazione Italiana per Ricerca sulla Fibrosi Cistica e dalla Fondazione Telethon, è coordinato dal dott. Franco Pagani del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Padriciano-Trieste e ha dimostrato le potenzialità di un intervento terapeutico di inserimento di piccolissime molecole di RNA in cellule in coltura, che per ora riguardano tre gravi malattie genetiche: la fibrosi cistica, l’atrofia muscolare spinale (Sma) e l’emofilia B.
«Ma l’elenco potrebbe anche allungarsi in futuro, perché il bersaglio di queste che potremmo definire vere e proprie “pallottole” molecolari è un meccanismo cellulare fondamentale, lo splicing, che risulta compromesso in tantissime patologie di origine genetica» spiega Pagani. «Dobbiamo pensare ai nostri geni come a una sequenza di informazioni discontinua: solo una porzione del suo contenuto va effettivamente tradotta in proteina. Quando un gene viene copiato in RNA messaggero, prima che questo faccia da stampo per la sintesi proteica alcune sue parti vengono rimosse da un macchinario cellulare specializzato: questa attività è appunto lo splicing ed è importante che avvenga con assoluta precisione».
L’importanza del messaggio del DNA: nuova possibilità di intervenire perché sia corretto e non dia malattia
“Una mutazione è una modificazione della sequenza normale di DNA che costituisce un gene”. Aggiunge il prof. Gianni Mastella direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica che da anni investe negli studi sullo “splicing” ingenti finanziamenti. “Un gene con sequenza normale del DNA sintetizza la proteina normale di cui è responsabile; un gene mutato produce invece una proteina alterata (o non la produce affatto) e questo può tradursi (a seconda del tipo di gene) in sintomi di malattia. Ci sono mutazioni particolari dette “splicing” che intervengono nel meccanismo per cui il gene si priva di alcuni tratti della sua sequenza e unisce insieme i rimanenti: questi sono quelli capaci di tradurre il suo specifico messaggio e predisporre così la sintesi della proteina di cui è responsabile. Nel caso della fibrosi cistica, questa proteina si chiama CFTR ed è deputata ad assicurare la giusta idratazione di molti organi. Se lo splicing è alterato, può succedere che vengano persi anche tratti importanti di sequenza, perché impropriamente eliminati, e perciò la proteina che ne deriva risulta alterata. Nella fibrosi cistica le mutazioni “splicing” sono circa il 12% di tutte quelle conosciute”.
“Questa ricerca è importante – rimarca Mastella – perché può aprire la strada alla possibilità di intervenire con una terapia diretta alla radice del difetto. Finora per la fibrosi cistica hanno suscitato grandi speranze le nuove molecole dirette agli effetti di mutazioni che intervengono più a valle rispetto alle mutazioni di splicing (terapia farmacologica per le mutazioni che interrompono la sintesi della proteina, come PTC 124, o per quelle che ne determinano un difetto di maturazione, come i correttori, tipo VX-809 e i potenziatori, tipo VX-770, ma anche diidropiridine e aminoariltiazoli, questi ultimi frutto della ricerca FC italiana). Qui si cerca di intervenire ancora sul cuore del meccanismo di funzionamento del gene, quando ancora il gene deve far partire il suo messaggio. E i ricercatori hanno dimostrato che si può farlo accostando ad uno specifico segmento del DNA genico un piccolo frammento di RNA, con assoluta specificità per quella mutazione splicing (è chiamato “Exon Specific U1 snRNA” o “ExSpeU1”). Si tratterebbe in sostanza di una particolare forma di terapia genica. L’importanza della scoperta sta anche nel fatto che le mutazioni di splicing sono responsabili di altre malattie genetiche oltre alla fibrosi cistica e che, in alcune di queste, i ricercatori hanno provato che l’inserimento di ExSpeU1 può funzionare. Si tratta di malattie severe come l’Atrofia Muscolare Spinale e l’Emofilia B. Ha senso quindi che questo campo di ricerca sia portato avanti attraverso studi su modelli cellulari e su modelli animali, perché quello che la ricerca può produrre sarà di vantaggio per un numero di malati che non sono certo “rari”.
«E infatti, il prossimo step» conclude Pagani «sarà quello di studiare l’intero gene identificando un piccolo RNA per ogni gruppo di mutazioni genetiche di splicing. Dovremo perfezionare ulteriormente questa tecnica e verificarne l’efficacia anche in modelli animali di queste malattie, veicolando i piccoli RNA attraverso vettori virali, come AAV (Virus Adeno-Associati). Potenzialmente sono davvero tante le patologie di origine genetica dovute a problemi di splicing: la nostra speranza è quindi quella di mettere a punto una strategia non solo mirata ma anche ad ampio raggio d’azione».
La fibrosi cistica oggi può contare su studi avanzati sia nel Nord America che in Europa. Nel vecchio continente, l’Italia è il Paese che sta giocando un ruolo decisamente importante nella battaglia ingaggiata contro questa malattia “a timer”. E’ possibile, infatti, parlare di una via italiana verso la cura proprio grazie al lavoro svolto dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica che ha saputo coinvolgere 144 tra laboratori e centri di ricerca, stimolando il lavoro di oltre 400 ricercatori italiani impegnati finora su 190 progetti.
E questo è un momento particolarmente carico di attese, legato all’identificazione di prospettive terapeutiche anche per mutazioni che agiscono con altri meccanismi e nuove molecole in campo infiammatorio. La FFC onlus si sta inoltre impegnando per dare concretezza ad una nuova fase che si avvicina sempre di più all’obiettivo per la quale l’Onlus è nata 15 anni fa: il passaggio dalla sperimentazione di base alla ricerca traslazionale, dal laboratorio al letto del malato. Alcuni dei 190 progetti finanziati finora (con un investimento complessivo di 11 milioni di euro) sono arrivati a identificare molecole che potrebbero diventare veri e propri farmaci: ma perché questo avvenga, è necessario il contributo delle grandi industrie farmaceutiche e la FFC Onlus ritiene che i tempi siano maturi per lanciare un ponte con queste ultime. La posa della prima pietra avverrà a Milano, il prossimo 21 Marzo, dove la FFC Onlus, in collaborazione con il Corriere Salute del Corriere della Sera ha organizzato una tavola rotonda sul tema “Farmaci orfani per malattie orfane. Il caso della fibrosi cistica”. (Sede Fondazione Corriere della Sera, Sala Buzzati) cui prenderanno parte, oltre alle grandi industrie del farmaco, scienziati, medici, imprenditori e quanti gravitano in questo universo della medicina.