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16 Dicembre 2013

Relazione longitudinale fra attività fisica e salute polmonare in pazienti FC

Dott. Graziella Borgo

Qual è il problema

Conoscere la relazione esistente fra la pratica di attività fisica e l’andamento della situazione polmonare in FC

Che cosa si sa

Molte ricerche hanno indicato come l’attività fisica sia benefica per i malati FC dal momento che induce effetti positivi a vario livello: qualità di vita, peso, funzione respiratoria, forza muscolare; si tratta per lo più di ricerche a breve termine, in cui l’attività fisica (durata e intensità) è difficilmente definibile

Che cosa aggiunge questo studio

Fornisce dati a supporto della possibilità del malato FC di aumentare l’attività fisica quotidiana nonostante la progressione della malattia; e documenta la relazione esistente nel tempo fra un aumento dell’attività fisica abitualmente svolta nella vita quotidiana e un più lento declino della funzionalità respiratoria

Premesse

L’attività fisica induce vantaggi di salute nei soggetti sani e ancor più nei pazienti FC, nei quali sembra indurre un miglioramento diretto della funzione del canale del cloro, favorendo di conseguenza una maggior idratazione del muco e conseguente facilitazione della rimozione delle secrezioni. L’Attività Fisica Abituale (Habitual Physical Activity =HPA) può essere definita come la risultante delle attività della vita quotidiana e comprende un’ampia gamma di azioni di varia intensità. Si è visto in precedenti studi a breve termine che una diminuzione dell’attività fisica abituale è accompagnata in donne FC ad un peggioramento della funzionalità respiratoria; e che gli adulti FC nel complesso alla fine della giornata riportano un arco di tempo in cui svolgono attività fisica che è più basso di quello degli altri soggetti non FC. Questo studio è stato pensato allo scopo di indagare a lungo termine la relazione fra i cambiamenti dell’attività fisica abituale (HPA) e la funzionalità polmonare in soggetti FC .

Materiale e metodo

Sono stati selezionati pazienti FC di età compresa fra i 7 e 17 anni seguiti presso l’Hospital Sick Children di Toronto e il Montreal Children’s Hospital, in condizioni di stabilità clinica. I dati sono stati raccolti in occasione dei controlli ambulatoriali svolti ogni tre mesi. Per quelli che al controllo non erano in buone condizioni di salute il reclutamento e/o la raccolta dei dati era rimandato ad una visita successiva quando fossero ritornati alla performance fisica abituale. Ad ogni controllo il paziente compilava un questionario (HAES : Habitual Activity Estimation Scale) mirato a conoscere in termini quantitativi (ore) quanto tempo avevano passato svolgendo attività fisica (distinta in 4 livelli: inattività, modesta inattività, modesta attività, attività, con un punteggio-somma complessivo) in un giorno qualsiasi (non festivo) delle due settimane precedenti. Eseguiva inoltre un test di attività fisica con cicloergometro (con registrazione del picco di consumo d’ossigeno e del picco di ritmo di lavoro) e i test di funzionalità respiratoria.

Risultati

Nell’arco di 9 anni sono stati inclusi nella ricerca 220 pazienti (donne 50.9%), la maggior parte nel primo anno (166). La durata media dell’osservazione è stata di 5.21 anni , con una mediana di 10 valutazioni per soggetto. 62 pazienti sono stati seguiti dopo i 18 anni d’età. Al momento dell’entrata in studio l’età media era di 12 anni, i maschi avevano funzionalità respiratoria lievemente superiore alle femmine (FEV1 88% rispetto a 83%). Secondo quanto emerso dal questionario HAES, l’HPA occupava mediamente circa 6 ore al giorno (ore 5.47 con DS 2.78) e i ragazzi la svolgevano per più tempo delle ragazze. Mediante calcoli statistici si è cercato di “aggiustare” l’influenza “confondente” di altre variabili (sesso, età e FEV1 all’ingresso in studio, presenza di Pseudomonas aeruginosa e diabete) , in modo da poter determinare il tasso complessivo di diminuzione della FEV 1 per anno (pari a -1.63% per anno) e l’incremento, se esistente,dell’HPA, diminuzione risultata pari a -1.63% per anno e aumento di 0.28 ore/per giorno /per anno. C’era una significativa correlazione fra l’attività e la FEV1, che indicava come in generale un aumento del tempo speso in attività fisica si associasse ad un più lento declino di FEV1 ( e viceversa) . E in particolare : dividendo i partecipanti in due gruppi, gruppo con elevata HPA (al di sopra del tasso medio di attività) e bassa HPA (al di sotto del tasso medio di attività) si poteva vedere che la FEV1 declinava più lentamente nel gruppo con HPA elevata. Infine 189 pazienti su 220 hanno eseguito il test al cicloergometro, per un totale di 493 test inclusi nell’analisi (da 1 a 7 per paziente). A parità di livelli di FEV1 all’ingresso in studio, è risultata una relazione positiva fra il FEV1 e gli indicatori di performance al cicloergometro (il picco di consumo di ossigeno e il picco di ritmo di lavoro): più elevata la FEV1, migliore il risultato del test con cicloergometro.

Conclusioni

E’ lodevole il tentativo di quantificare il tempo che il paziente FC passa svolgendo attività fisica nella vita quotidiana e metterlo in relazione con la salute dei polmoni. Se il medico può fornire anche dati sperimentali la raccomandazione al “movimento” può essere meno teorica e più convincente. I pazienti di questo studio sono per lo più adolescenti e nel corso del tempo aumentano il tempo in cui svolgono abituale attività fisica : incremento pari a 0.28 ore per giorno per anno , che corrisponde ad un aumento di 17 minuti al giorno. Gli autori dicono che poiché l’attività fisica abituale si riferisce ad attività comuni della vita quotidiana (es: fare le scale) i pazienti andrebbero incoraggiati a esercitarla, prima ancora di pensare alla pratica degli sport, che comunque si raggiunge più facilmente se s’inserisce in uno stile di vita “attivo” anche nel quotidiano. E sottolineano che anche un’attività fisica di modesta intensità può aiutare a mantenere buoni livelli di funzionalità respiratoria. Il lavoro ha due grossi limiti: la valutazione dell’HPA è soggettiva , fondata su un questionario autocompilato. E’ un questionario che è ritenuto valido e affidabile, ma forse quanto riferito dal paziente andava documentato anche attraverso una misurazione oggettiva (esistono a questo fine strumenti appositi). E i pazienti studiati erano per lo più adolescenti che avevano, almeno in partenza, ottimi livelli di funzionalità respiratoria: probabilmente non hanno avuto difficoltà, sostenuti anche dall’effetto positivo di partecipazione allo studio, a tenere alto il livello di HPA. Infine il decremento di FEV1 riscontrato( -1.63% per anno) è stato assai modesto, come è del resto da aspettarsi durante l’adolescenza. Forse non sono questi i pazienti problematici nei confronti dell’attività fisica,e non è l’adolescenza il periodo critico per la progressione della malattia , ma la giovinezza e l’età adulta, che tra l’altro implicano spesso l’avvio di attività più sedentarie (es:lavoro) .

1) Schneiderman JE , Wilkes DL et al “Longitudinal relationship between physical activity and lung health in patients with cystic fibrosis” Eur Respir J 2013 Oct 31