Nelle molte malattie respiratorie che, come la fibrosi cistica, portano ad una perdita della funzionalità respiratoria in modo grave ed irreversibile, il trapianto dei polmoni rimane l’unico presidio terapeutico di questa condizione patologica, anche se applicabile oggi solo negli stadi molto avanzati della malattia. Poiché però il trapianto è impedito in gran parte dalla carenza di organi trapiantabili, nonché è gravato da una certa quota di insuccessi, un approccio terapeutico basato sulle cellule staminali potrebbe rappresentare una valida alternativa, anche per la possibilità di intervenire precocemente prima che si instauri un danno permanente. Il polmone dei pazienti con fibrosi cistica ben si presterebbe a questo tipo di intervento, in quanto le cellule staminali introdotte dall’esterno potrebbero accasarsi in una nicchia riparativa per operare nel polmone danneggiato dalle infezioni e dall’ infiammazione. Inoltre, potrebbero portare con sé il gene “buono” della CFTR (o introdotto nelle cellule dello stesso individuo da vettori di terapia genica o trasportato da cellule ottenute da un individuo sano) e quindi correggere il danno di base dovuto all’alterazione di fluidi e ioni nei liquidi respiratori. Ad oggi, sono molte le fonti di cellule staminali -sia embrionali che fetali ed adulte – che si stanno vagliando a questo fine nei modelli animali e gli studi sono in corso. In alternativa, altri studi stanno cercando di chiarire se e quali cellule staminali e/o progenitrici il polmone alberga nel suo interno. Le conseguenze di queste conoscenze sarebbero che invece di “istruire” una cellula staminale esogena (cioè ottenuta da un altro organo, come ad es. il midollo osseo) a diventare epitelio respiratorio, si potrebbero isolare le cellule staminali locali, correggerle con il gene CFTR “buono” e re-inserirle nel polmone malato, con il vantaggio che queste cellule saranno dello stesso individuo e avranno nel loro genoma già l’istruzione a diventare epitelio respiratorio. Nel polmone, sono state identificate molte di queste “nicchie” di cellule staminali e/o progenitrici locali a vari livelli anatomo-funzionali di cui è composto quest’organo (tracheo-bronchiale, bronchiolare, alveolare), il che riflette la sua complessa struttura e la presenza di diversi tipi cellulari (epiteliali e non). E’ in questo scenario che si inserisce il recente lavoro di Chapman e colleghi dell’Università di San Francisco [1].
Questi Autori hanno identificato una sottopopolazione di cellule epiteliali respiratorie staminali/progenitrici che esprimono un recettore che permette ad esse di aderire al substrato extracellulare (e quindi chiamate beta4) e che non hanno altri marcatori caratteristici né delle cellule staminali bronchiolari né di quelle alveolari ma che, in vitro, possono proliferare e differenziare in questi tipi cellulari sia in vitro che in vivo in seguito ad un danno indotto chimicamente. Questi dati sembrano indicare che queste cellule progenitrici locali siano gerarchicamente a monte delle cellule appena più differenziate e quindi rappresentino una vera “nicchia” staminale, un dato che conferma un altro articolo apparso appena lo scorso anno [2]. Le cellule beta4 potrebbero essere simili a quelle descritte precedentemente nella stessa localizzazione anatomica [3] e che però differiscono per la presenza dei marcatori suddetti, un dato che complica molto l’identificazione di quale popolazione staminale deve essere usata nell’uomo.
Un approccio molto interessante utilizzato dal gruppo di Chapman è comunque quello di aver “inventato” un modello in vivo che permette di ottenere un polmone che cresce e si differenzia al di sotto della capsula renale e che quindi permette di testare le reali capacità di staminalità delle popolazioni cellulari oggetto di studio. Sarà di estremo interesse determinare i meccanismi attraverso i quali le cellule beta4 si auto-rinnovano (una proprietà fondamentale delle vere cellule staminali) e si differenziano, e se esse possano contribuire a riparare le vie di conduzione bronchiali e bronchiolari (sede del danno nella fibrosi cistica) e quindi a correggere il difetto di base della fibrosi cistica. Prima di arrivare a tal punto, bisognerà però prima standardizzare i metodi di studio al fine di arrivare a definire in maniera universale una popolazione di cellule staminali/progenitrici respiratorie finalmente utile nell’uomo.
[1] H. A. Chapman, X. Li, J. P. Alexander, A. Brumwell, W. Lorizio, K. Tan, A. Sonnenberg, Y. Wei and T. H. Vu, “Integrin alpha6beta4 identifies an adult distal lung epithelial population with regenerative potential in mice”, J Clin Invest, vol. 121, no. 7, pp. 2855-62, 2011.
[2] J. L. McQualter, K. Yuen, B. Williams and I. Bertoncello, “Evidence of an epithelial stem/progenitor cell hierarchy in the adult mouse lung”, Proc Natl Acad Sci U S A, vol. 107, no. 4, pp. 1414-9, 2010.
[3] C. F. Kim, E. L. Jackson, A. E. Woolfenden, S. Lawrence, I. Babar, S. Vogel, D. Crowley, R. T. Bronson and T. Jacks, “Identification of bronchioalveolar stem cells in normal lung and lung cancer”, Cell, vol. 121, no. 6, pp. 823-35, 2005.