È stato pubblicato il report 2013 del Registro Pazienti FC curato dalla Società Europea Fibrosi Cistica (ECFS) (1). Contiene dati epidemiologici derivati dai registri di nazioni che fanno geograficamente parte dell’Europa o sono a essa circostanti, come la Federazione Russa e Israele. Si tratta di 27 nazioni in cui nell’anno 2013 sono presenti 38.985 pazienti FC: è un numero maggiore di quello del Registro gestito dalla CF Foundation americana, che ne conta 28.000.
Si tratta del settimo report ufficiale e la promessa degli organizzatori è, per le prossime edizioni, di riuscire a pubblicarlo entro 18 mesi dall’anno preso in esame, dal momento che i dati vengono inseriti prevalentemente attraverso un software dedicato, fornito dalla Società Europea FC ai centri di riferimento. La completezza e la qualità dei dati raccolti sono un fattore cruciale ai fini di ottenere elaborazioni e risultati attendibili. A questo riguardo il report lascia capire che ci sono ancora notevoli margini di miglioramento, dal momento che alcune nazioni hanno fornito dati lacunosi e la scelta dei responsabili del Registro è stata di non elaborare risultati se le lacune riguardavano una quota superiore al 10% del totale dei pazienti di quella nazione. Per questa ragione mancano dati italiani riguardo ad alcuni parametri clinici importanti e dei pazienti tedeschi si conoscono solo i puri dati demografici.
Il report è di estremo interesse perché fornisce la fotografia di una realtà molto disomogenea: la nazione che conta il maggior numero di pazienti è il Regno Unito, con oltre 10.000; seguono Francia, Germania e Italia, rispettivamente con più di 6.000, oltre 5.000 e quasi 5.000 pazienti. La Federazione Russa ne conta 1.980, la Lettonia ne riporta 36. Alla diversa numerosità concorrono vari fattori: diverse concentrazioni di popolazione; la maggiore o minore capacità di diagnosticare la malattia (nemmeno l’Italia è del tutto esente da questa carenza); la qualità/precocità delle cure. Non ci sono elementi scientifici che suggeriscano una diversa incidenza della malattia nelle diverse nazioni.
Il 53% dei pazienti europei è di sesso maschile; il 52% ha più di 18 anni; il più vecchio è un paziente inglese di 84 anni. Non sono compresi nelle elaborazioni i pazienti sottoposti a trapianto polmonare: di questi, i viventi nel 2013 sono 1674, corrispondenti al 5,3% del numero totale.
Colpisce che la proporzione dei maggiorenni e degli adulti è elevata nelle nazioni più avanzate dal punto di vista socioeconomico e ancora scarsa nelle altre: in paesi come la Romania, l’Ucraina e la stessa Federazione Russa, la popolazione FC è ancora prevalentemente pediatrica. Anche l’età in cui la malattia viene diagnosticata è influenzata dall’efficienza della struttura sanitaria: l’età media alla diagnosi è di 4 anni, ma ci sono nazioni che applicano lo screening neonatale e in cui la diagnosi si fa nei primi mesi di vita (la più virtuosa è la Francia, in cui la diagnosi per screening viene realizzata nel 70% dei casi entro il primo mese di vita) e altre che sono lontane dal farlo.
A supporto della diagnosi viene largamente usata l’indagine genetica, che permette di avere il panorama delle mutazioni CFTR: F508del è la mutazione più frequente, con frequenza massima nei paesi del Nord e Centro Europa (in Danimarca il 70% dei pazienti sono omozigoti F508del) e progressivamente decrescente andando verso il Sud e i paesi dell’area Mediterranea (in Italia solo il 25% dei malati sono omozigoti F508del). Ci sono poi mutazioni minori che in alcuni paesi sembrano avere frequenza particolare: in Irlanda la G551D (la mutazione trattabile con Kalydeco) riguarda ben l’8.5% dei pazienti; in Italia è frequente la N1303K (6%) per la quale si sta ancora cercando un farmaco correttore efficace; in Israele la W1282X è presente nel 23% dei pazienti.
Come stanno i pazienti FC europei? Le condizioni di salute variano con l’età: stanno molto bene nell’infanzia e nell’adolescenza, infatti la mediana del FEV1 è fra l’80 e il 100% in tutti i paesi.
Con il passare degli anni le cose cambiano e, di nuovo, sembra esserci una relazione con il sistema di cura: la mediana del FEV1 nei soggetti con più di 18 anni è migliore nei paesi del Nord e Centro Europa (valori compresi fra il 60 e il 70%) rispetto ai paesi dell’Est, in cui si aggira fra il 50 e il 60%. L’infezione respiratoria cronica da Pseudomonas sembra essere presente in maniera molto variabile (tra il 20 il 60% dei pazienti), ma questo dato riflette le lacune di raccolta e rilevamento batteriologico. Mancano i dati italiani così come di svariati altri paesi.
Per quanto riguarda i parametri dello stato nutrizionale, i più alti e ben nutriti, figurano essere olandesi e svedesi; meno brillanti i pazienti dei paesi dell’Est; gli italiani si collocano in una posizione intermedia. Per quanto riguarda le terapie più applicate, è difficile estrapolare un risultato perché mancano molti dati. Sembra ampio e abbastanza omogeneo l’uso della terapia antibiotica per via aerosolica.
In conclusione, è descritto il quadro di un’Europa che per quanto riguarda la FC è come una macchina a due velocità, con un divario evidente fra le nazioni dove la situazione economico-sanitaria è più florida e le altre. Nelle prime è molto folto il gruppo degli adulti FC e si affaccia sulla scena la nuova categoria degli anziani; nelle seconde la malattia riguarda ancora prevalentemente bambini e adolescenti. Quello che aiuta a sperare (anche se non rassicura) è la recente adesione di molte nazioni dell’Est all’iniziativa del Registro, una via per rinforzare la libera circolazione di informazioni e conoscenze in un’Europa senza confini almeno sul piano scientifico.