Sappiamo che un’adeguata alimentazione è fondamentale in una malattia come la FC. Molti studi hanno dimostrato che un buono stato di nutrizione influisce positivamente sull’evoluzione della malattia. Si raccomanda di assumere quotidianamente il 25-50% in più rispetto alle calorie introdotte in media dal soggetto sano e in quest’apporto calorico (basato su zuccheri, grassi e proteine) circa il 40% dovrebbero essere fornite dai grassi.
Non è sempre facile. E’ naturale quindi che i genitori di bambini e adolescenti FC concentrino molti sforzi perché i figli seguano le indicazioni fornite. A volte questo comporta che le abitudini alimentari diventino fonte di tensioni e conflitti in famiglia: i genitori vorrebbero che i figli mangiassero di più, i figli si rifiutano di farlo.
Un gruppo di ricercatori irlandesi hanno voluto indagare il diverso significato che genitori e figli attribuiscono al cibo e all’alimentazione e come questo possa influire sulla gestione quotidiana della dieta FC. A questo scopo 32 soggetti con FC, d’età compresa fra i 6 e i 14 anni, scelti a caso fra quelli in cura presso due Centri FC irlandesi, e i loro genitori dapprima sono stati intervistati (separatamente) nelle loro case e poi sono stati osservati nei loro comportamenti alimentari durante i controlli ambulatoriali. Sono stati scelti soggetti di quest’età perché ritenuta un’età particolarmente critica per quanto riguarda le abitudini alimentari: i ragazzi cominciano ad acquistare maggiore indipendenza e vogliono decidere da soli molte cose, compreso che cosa e quanto mangiare.
E’ emerso che i punti di vista dei genitori cambiano a seconda che i figli siano in una fase di crescita regolare con normale aumento di peso, oppure siano in una fase critica di malattia con perdita di peso: nella prima, spesso non ritengono molto importante un elevato apporto di grassi nell’alimentazione dei figli, perché questo entra in conflitto con le loro opinioni sull’alimentazione consigliata per i soggetti sani; quando però i figli perdono peso allora il cibo diventa “una battaglia” e vorrebbero poter “obbligare” i figli a mangiare anche quello che prima ritenevano non conveniente (grassi, fritti, merendine). I genitori vedono comunque il cibo come un mezzo perché i figli possano “crescere “: collegano il peso alla possibilità dei figli di diventare grandi e avere una lunga vita nonostante la malattia.
I figli, bambini o adolescenti che siano, di questo significato sono all’oscuro: per loro il cibo è il mezzo per avere “energia” per le attività fisiche della vita quotidiana, e di quest’energia, e non dell’aumento o della perdita di peso, avvertono i cambiamenti nel loro corpo giorno per giorno. “Avere energia” è il termine che essi usano per descrivere uno stato di benessere e “mancanza d’energia e necessità di stendersi” è quello che provano quando non stanno bene. Anche se la maggior parte di loro, soprattutto quelli sopra i 10 anni, sa che i “cibi che ingrassano” sono adatti a chi ha la FC, descrivono la confusione che questo provoca con i messaggi sentiti a scuola in cui una sana alimentazione è quella povera di grassi.
In base a questi risultati, gli autori della ricerca raccomandano, ai fini di ottenere l’alleanza o, ancora meglio, la partecipazione attiva dei bambini e adolescenti FC nelle abitudini alimentari, di tenere presente il loro modo di esprimersi e il loro punto di vista. Il messaggio che va dato dovrebbe porre meno enfasi sul “peso” e rilevare invece la possibilità d’essere attivi e in forze per la vita di tutti i giorni.
Savage E, Callery P. “Weight and energy: parents ‘ and children’s perspectives on managing cystic fibrosis diet”. Archives of Disease in Childhood 2005; 90:249-252