Questa ricerca ha preso in esame un vasto numero di bambini affetti da FC seguiti presso alcuni Centri degli Stati Uniti e del Canada, selezionandoli in base all’età: sono stati scelti quelli che nel 2003 avevano un’età compresa fra i 6 e i 12 anni. Dell’intero gruppo sono stati esaminati i valori di funzionalità respiratoria, in particolare il valore di FEV1, e in base alla loro distribuzione statistica sono stati distinti due sottogruppi “estremi” in cui i livelli di FEV1 erano i più alti (755 bambini) e i più bassi (743 bambini). Di questi due sottogruppi estremi sono state paragonate le caratteristiche cliniche- demografiche (età, sesso, razza, genotipo, modalità di diagnosi, sintomi, stato nutrizionale, dati microbiologici) e le modalità con cui era stata trattata la malattia nel primo anno di vita
(frequenza dei controlli ambulatoriali e dei ricoveri, uso di antibiotici per via endovenosa o per via orale, a casa o in ospedale, terapie con cortisonici, tecniche fisioterapiche, supplementi nutrizionali e nutrizione entrale, enzimi pancreatici), al fine di identificare le differenze .
La ricerca è realizzata dall’ “Epidemiological Study Cystic Fibrosis Database”, un gruppo di ricercatori che realizza studi epidemiologici utilizzando i dati del Registro FC americano e canadese insieme.
I risultati sono stati questi: tra i bambini con i migliori valori di funzionalità respiratoria (valore mediano di FEV1 pari a 107% del valore predetto, rispetto al valore mediano dell’89% di quelli dell’altro gruppo) erano più numerosi quelli di razza bianca, quelli diagnosticati precocemente per screening neonatale o per storia familiare (molto meno quelli diagnosticati per sintomi), quelli con migliore stato nutrizionale (adeguato rapporto peso/altezza per età e rapporto altezza/età), quelli che nell’escreato avevano Stafilococco piuttosto che Pseudomonas, quelli che (probabilmente) avevano un pancreas funzionante, così come indicato dal fatto che non assumevano estratti pancreatici.
Per quanto riguarda le modalità di cura, la differenza fra quelli che all’età di 6-12 anni avevano migliori condizioni respiratorie rispetto agli altri è risultata essere il maggior numero di visite ambulatoriali nel 1° anno di vita, sia routinarie che per presenza di sintomi di malattia; per quanto riguarda le specifiche terapie, analizzate con il metodo dell’analisi multivariata e valutate tenendo conto di età, sesso e genotipo: simile l’uso di antibiotici nei due gruppi , maggior uso di cortisone per bocca e mucolitici nel gruppo con FEV1 più alta; invece più “prescrizione” di fisioterapia e maggior uso di supplementi nutrizionali e di estratti pancreatici nel gruppo con FEV1 più bassa.
Gli autori concludono dicendo che uno studio epidemiologico può solo identificare delle associazioni e non definire dei rapporti di causa ed effetto, ma che i dati emersi meritano di essere presi in considerazione per ulteriori studi. Infatti, le “associazioni” identificate orientano a pensare che i bambini che nell’infanzia stanno meglio sono quelli che sono diagnosticati più precocemente, e che nel primo anno di vita sono controllati più frequentemente e sono più “medicalizzati” (vedi l’uso del cortisone e dei mucolitici.). Quindi, ne deducono che, sebbene alcune caratteristiche cliniche o modalità di presentazione della malattia alla nascita non siano modificabili (ad esempio razza o genotipo), nel periodo successivo, per ottenere una migliore funzionalità respiratoria, possono essere messi in atto degli interventi efficaci: essi consistono principalmente in una strategia di visite frequenti, interventi nutrizionali precoci, esami batteriologici frequenti, prevenzione dell’infezione da Pseudomonas e suo trattamento.
1) Padman R et all ” Infant care patterns at epidemiological study of cystic fibrosis sites that achieve superior childhood lung function”. Pediatrics 2007;119 (3):531-7