Riportiamo una breve sintesi di uno studio (1) condotto nell’ambito della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica da un gruppo di lavoro che ha voluto utilizzare proficuamente le competenze maturate a seguito di un percorso formativo in epidemiologia clinica CF organizzato dalla Fondazione stessa. Si tratta di una revisione sistematica della letteratura scientifica prodotta tra il 1980 e il dicembre 2004 sui temi della prevenzione e del controllo dell’infezione respiratoria nei malati FC (2). Una parte di questa ampia revisione critica è stata recentemente pubblicata su una rivista internazionale e riguarda il problema dell’isolamento o segregazione dei pazienti colonizzati da batteri potenzialmente trasmissibili e dannosi per altri pazienti, in particolare Pseudomonas aeruginosa e Burkholderia cepacia complex e Staphilococcus aureus meticillino-resistente. Su 398 pubblicazioni esaminate sono stati trovati soltanto 10 studi ben disegnati che hanno valutato l’efficacia delle pratiche di isolamento nel prevenire la trasmissione di patogeni respiratori presso i centri di cura della fibrosi cistica. Sono tutti studi cosiddetti osservazionali, in prevalenza retrospettivi: nessuno di essi si basa sui criteri della randomizzazione (assegnazione casuale alla condizione di isolamento o non isolamento) e del “gruppo di controllo” (cioè confronto tra un gruppo isolato e un gruppo non isolato seguiti prospetticamente e non retrospettivamente). Sono state esaminate anche 5 pubblicazioni di linee guida sulla prevenzione e controllo dell’infezione: una statunitense, due inglesi, una francese ed una della Società Europea CF.
Le misure adottate per l’isolamento dei pazienti sono state varie: la separazione dei pazienti di nuova diagnosi (in particolare quelli diagnosticati per screening neonatale) dai vecchi pazienti, il ricovero dei pazienti in stanze singole con bagno personale, reparti separati in base al tipo di batteri di cui il paziente era portatore, riduzione al minimo dei tempi di attesa nelle sale di attesa, giorni separati per le visite ambulatoriali in base al tipo di batterio colonizzante, limitazione dei contatti sociali tra pazienti anche fuori ospedale, uso di maschere etc. Accanto a queste misure in alcuni studi sono state adottate iniziative particolari di igiene, come la cura particolare e la disinfezione degli strumenti e del materiale di uso comune, ma anche l’educazione dei pazienti, dei familiari e dello staff a rigorose norme di igiene. Questi studi hanno rilevato in genere una riduzione dell infezioni da Pseudomonas o da B. cepacia a seguito dell’implementazione delle misure suaccennate.
Certamente mancano evidenze definitive, basate su studi prospettici di forte rigore metodologico, che l’isolamento o la segregazione dei pazienti CF siano veramente efficaci nel prevenire le infezioni crociate. Tuttavia tutte le linee guida esaminate suggeriscono comunque di praticare al meglio nei centri CF iniziative di separazione dei pazienti colonizzati da alcuni batteri da altri pazienti non colonizzati da tali batteri (in particolare Pseudomonas aeruginosa multiresistente, Burkholderia cepacia (qualsiasi specie), Staphylococcus aureus meticillino-resistente. In mancanza di assolute evidenze di efficacia, si ha l’impressione che prevalga un criterio di prudenza, confortato dai pur limitati studi osservazionali.
1. Festini F, et Al. Isolation measures for prevention of infection with respiratory pathogens in cystic fibrosis: a systematic review. Journal of Hospital Infection 2006;64:1-6
2. Buzzetti R, et Al. Controllo e prevenzione delle infezioni respiratorie nel paziente affetto da fibrosi cistica. Ed. Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica, Verona 2005