Sono madre di una ragazza di 25 anni affetta da fibrosi cistica che ha avuto il riconoscimento della invalidità (46%). Questo riconoscimento le permette di ottenere medicine e ausili respiratori dalla ASL, ma non si è ancora richiesto di fruire dei benefici della legge 104, anche perchè la sua malattia si è evidenziata da relativamente poco tempo. Dovendo iniziare a lavorare ed essendo non sempre facile conciliare permessi con ricoveri, vorrei sapere se con la fibrosi cistica (che in mia figlia interessa i polmoni ma non il pancreas) si ha diritto ad ottenere il riconoscimento di handicap grave (art .3 legge 104) che permetterebbe di avere permessi retribuiti. Grazie per i preziosi consigli che leggo sempre nella vostra rubrica.
Il quesito posto pone l’accento su due questioni specifiche:
– la possibilità di ottenere il riconoscimento di portatore di handicap grave per il solo fatto
di essere affetti da una particolare patologia;
– l’esistenza di una possibile correlazione tra invalidità ed handicap. Ci si chiede, in altre
parole, se sia possibile ottenere tale riconoscimento, pur avendo ottenuto una
percentuale di invalidità non elevata.
Come altre volte sottolineato, il diritto ad ottenere il riconoscimento di handicap grave non dipende dal tipo di patologia, piuttosto da quanto “la gravità della minorazione riduca l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale globale nella sfera individuale o in quella di relazione” (art. 3 comma 3 L 104/92). La diagnosi di fibrosi cistica non assicura automaticamente il diritto a tale riconoscimento. Tuttavia non pare vi possano essere dubbi sul fatto che si tratta di una minorazione fisica progressiva, che spesso – in relazione alla gravità della situazione clinica personale – causa difficoltà di relazione e di integrazione lavorativa, tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione e pertanto rientrante pienamente nella definizione di legge.
Relativamente alla seconda questione, non vi è in realtà relazione diretta automatica tra l’invalidità e l’handicap e la certificazione di handicap è del tutto indipendente da quella di invalidità civile (sebbene l’esperienza quotidiana evidenzi come i riconoscimenti relativi all’invalidità spesso condizionino le valutazioni riguardanti lo stato di portatore di handicap). L’invalidità si basa infatti su criteri medico-legali (e su tabelle di riferimento ministeriali per le percentuali), l’handicap su criteri medico-sociali.
Poiché l’accertamento dell’esistenza e dell’entità dell’handicap comporta, tra l’altro, una valutazione del grado di integrazione sociale della persona e delle difficoltà da essa incontrate, la condizione e la misura dell’handicap non è quindi necessariamente coincidente con la condizione e la misura dell’invalidità civile: è possibile che due persone, a parità di categoria e percentuale di minorazione civile, siano differentemente valutate rispetto all’handicap.
Le certificazioni di handicap o handicap grave non devono essere confuse con le certificazioni di invalidità civile: la situazione di gravità non è legata alla percentuale di invalidità riconosciuta, ma al fatto che “la minorazione abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale globale nella sfera individuale o in quella di relazione” (come già sottolineato in precedenza).
Handicap ed invalidità, quindi, non sono la stessa cosa: certo entrambe possono collimare in capo al medesimo individuo, ma non necessariamente uno stato di invalidità civile si accompagna allo stato di handicap e viceversa.
Il concetto di invalidità civile focalizza l’attenzione sul danno provocato, sulla minorazione in sé, separata dal contesto sociale di riferimento ed attinente esclusivamente alle caratteristiche e possibilità fisiche, intellettive e sensoriali della persona in quanto tale.
L’accertamento dell’handicap prende invece in considerazione le difficoltà di tipo prettamente sociale che un individuo in determinate condizioni psicofisiche può incontrare.
La stessa diversità di composizione delle commissioni di accertamento sottolinea tale differenza: per l’handicap la commissione deve infatti essere integrata da ulteriori figure professionali, quali operatori sociali (assistente sociale, psicologo, educatore) ed esperti per i casi da esaminare.
Ciò premesso, al fine di ottenere tale riconoscimento può quindi essere determinante un’impostazione della documentazione che sia orientata sugli aspetti legati all’handicap (e quindi al disagio sociale), piuttosto che sull’invalidità (riduzione capacità lavorativa).
A tale proposito si suggerisce di far sottolineare – agli operatori sanitari e sociali che produrranno la necessaria documentazione da presentare con l’istanza – quanto segue:
“La regolarità della terapia a cui la paziente è sottoposta è di fondamentale importanza. Risulta pertanto evidente la particolare situazione della stessa che – per rispettare, ad esempio, eventuali impegni lavorativi – deve dare assoluta priorità agli impegni terapeutici che le consentono di affrontare la vita quotidiana e come, tale priorità, determini in realtà una “NOTEVOLE RIDUZIONE DELL’AUTONOMIA PERSONALE DELLA PAZIENTE”.
Si vuole ulteriormente sottolineare quanto sia di vitale importanza – per la paziente – poter conciliare gli impegni terapeutici con gli eventuali aspetti lavorativi. La possibilità di poter integrare tra loro tali aspetti, infatti, consente di “migliorare” la qualità di vita di tali pazienti. Per le persone affette da Fibrosi Cistica il lavoro diventa – in realtà – un elemento fondamentale di stimolo vitale e di motivazione alle cure (come già ribadito per loro irrinunciabili).
E’ pertanto INDISPENSABILE – per tali pazienti – poter usufruire delle agevolazioni previste dalla normativa vigente per portatori di handicap con attività lavorativa, come ad esempio – quelle indicate dall’art. 33 comma 6 della Legge 104 del 05.02.1992“.
In ultimo vorrei ribadire, ancora una volta, che il diritto all’erogazione gratuita di quanto necessario per le cure a domicilio delle persone affette da fibrosi cistica è – a tutt’oggi – regolamentato dalla L.N. 548/1993: “Disposizioni per la prevenzione e la cura della Fibrosi Cistica”. Tale legge obbliga tutte le regioni a fornire gratuitamente, tramite le Aziende Sanitarie Locali di residenza del paziente, “….il materiale medico, tecnico e farmaceutico necessario per l’aerosolterapia anche ultrasonica, l’ossigenoterapia, l’antibiotico terapia, la fisiochinesiterapia e la riabilitazione, la terapia nutrizionale enterale e parenterale e quanto altro ritenuto essenziale dal Centro Regionale di Riferimento o dal Servizio di supporto che ha in carico il paziente, anche se di regione diversa da quella di residenza, per la cura e la riabilitazione a domicilio dei malati di fibrosi cistica” (art. 3, comma 1).
Ciò indipendentemente dall’avere o meno ottenuto il riconoscimento di invalidità, che non è condizione necessaria per l’erogazione.
Riferimenti normativi:
· Legge 30.03.1971, n. 118: “Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili”
· Legge 11.02.1980, n. 18: “Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili”
· Legge 21.11.1988, n. 508: “Norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti”
· D.L. 23.11.1988, n. 509: “Norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonché dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie, ai sensi dell’art.2 c. 1, della legge 26.07.1988, n. 291”
· Legge 11.10.1990, n. 289: “Istituzione di una indennità di frequenza per i minori invalidi”
· Legge 05.02.1992, n. 104: “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”
· Legge 21.05.1998, n. 162: “Modifiche alla legge 05.02.1992, n. 104 concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave”
· Legge 23.12.1993 n. 548 “Disposizioni per la prevenzione e la cura della Fibrosi Cistica”