Sono il padre di un ragazzino con fibrosi cistica di quasi 14 anni, al quale due anni fa è stata diagnosticata anche la celiachia. Dopo quasi due anni di dieta senza glutine, i marcatori della celiachia non sono ancora rientrati nei valori normali, cosa che normalmente accade dopo un anno circa. Siccome sia noi come genitori che il ragazzo stesso poniamo la massima attenzione a quelli che sono i comportamenti quotidiani da tenere in fatto di cibo senza glutine e relative contaminazioni, abbiamo il sospetto che fra i farmaci e integratori che mio figlio assume per la FC vi siano tracce di glutine. Ovviamente abbiamo fatto e stiamo facendo tutti gli accertamenti del caso. Ma per alcuni farmaci non è facile disporre di queste informazioni. Chiedo quindi se vi sono pazienti FC affetti anche da celiachia che hanno riscontrato il nostro stesso problema, ed eventualmente come l’hanno risolto. Grazie.
I punti critici della domanda sono due:
– significato della persistenza dei marcatori di celiachia a dieta senza glutine;
– se questa persistenza possa dipendere dalla presenza di tracce di glutine nella dieta presenti nell’enorme quantità di farmaco che una persona con FC assume.
Ritengo sia importante rispondere prima al secondo punto. Non ci sono nei farmaci quantità di glutine che possano essere dannosi per un celiaco, anche se questo assume molti farmaci quotidianamente, come avviene in FC. Questo dovrebbe far vivere tranquille le persone con celiachia in generale senza andare a controllare se il farmaco contenga tracce o sentendosi tranquillizzato solo dalla dicitura “senza glutine”.
Riguardo al primo punto, è bene tener presente che il modo migliore per scoprire se ci sono trasgressioni involontarie alla dieta è parlare con il diretto interessato, piuttosto che fidare sui marcatori di celiachia nel siero. Questi sono preziosi per sospettare la diagnosi ma non quando si inizia una dieta senza glutine. Molte persone hanno dopo 1 anno i marcatori ancora presenti, pur praticando una rigorosa dieta senza glutine. Bisogna, inoltre, distinguere tra i marcatori. Gli anticorpi antiendomisio (EMA), prima ancora che un soggetto venga diagnosticato, sono quelli predittivi dell’atrofia dei villi intestinali che sola consente di porre la diagnosi. A dieta senza glutine, invece, è possibile avere questo test positivo pur con un intestino normalizzato. Un recente studio (BMC Gastroenterology 2014,14:28), infatti, nel quale sono state effettuate biopsie duodenali in soggetti da almeno 1 anno a dieta senza glutine, sono stati trovati EMA positivi in 12 persone che avevano una mucosa perfettamente normale e gli EMA si normalizzavano in 9 casi dopo ulteriori 20 mesi di dieta senza glutine. D’altra parte, tra i soggetti che avevano una mucosa normale, oltre ai 12 succitati casi con EMA positivi – tutti avevano anche gli anticorpi antitransglutaminasi nella classe A positivi (tTG-A) – c’erano casi con EMA negativi, ma 15 con tTG-G positivi, 10 con antigliadina deamidati (DPG) nella classe G positivi e 16 con DPG positivi nella classe A. Questo studio, molto ben controllato, permette di confermare quanto detto sopra, cioè di non allarmarsi per la persistente positività dei marcatori, che non devono essere “inseguiti” fino a normalizzazione.
Una domanda che potrebbe sorgere è se la FC predisponga a una positività dei marcatori per la condizione infiammatoria di base tipica della malattia. C’è un solo articolo (Journal of Paediatrics and Child Health 2009;45: 172-173) che riferisce una persistente positività delle tTG, ma in quel caso la diagnosi di celiachia non era compatibile in quanto la mucosa era normale di base (non si hanno informazioni sugli EMA) e non sorprende che la dieta senza glutine non abbia comportato la normalizzazione di tali marcatori. E’ bene tenere in mente che in altre situazioni caratterizzate da infiammazione cronica, come l’epatite C, le tTG possono essere una risposta immunitaria aspecifica, laddove gli EMA sono specifici (Dig Dis Sci 2008;53:2151-5).
In conclusione si può rassicurare il padre del ragazzino, invitandolo a fidare sull’aderenza dichiarata da parte del ragazzo alla dieta piuttosto che su esami di laboratorio inutili se determinati a dieta senza glutine.