Sei in Home . Informati . Commenti degli esperti . Valutazione della sicurezza di ivacaftor nel trattamento della fibrosi cistica

Valutazione della sicurezza di ivacaftor nel trattamento della fibrosi cistica

31 Maggio 2016
Autore: G. Borgo

Il potenziatore ivacaftor presenta negli adulti con fibrosi cistica un profilo di sicurezza favorevole all’uso. I benefici che apporta, confermati anche al recente Congresso ECFS (Basilea, 8-11 giugno 2016), sono certamente superiori al rischio degli effetti collaterali. Invece nella popolazione pediatrica si attendono risultati di studi a più lungo termine.

Questo il parere di un’esperta dell’Università di Chicago (1), autrice di una rassegna nella quale vengono analizzati i risultati dei numerosi trial clinici di fase III e le informazioni fornite dalla Food and Drug Administration (FDA), l’organo americano incaricato anche della sorveglianza post marketing, cioè dopo che il farmaco è entrato in commercio. É quanto mai opportuna questa rassegna, poiché l’uso di ivacaftor è stato approvato nei bambini a partire dai due anni sia negli USA sia in Europa; e anche l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) dovrà affrontare la questione della validità di un trattamento così precoce, da introdurre spesso in assenza di sintomi dovuti alla malattia FC .

Il meccanismo molecolare con cui ivacaftor agisce non è ancora completamente conosciuto, sono comunque certi i suoi effetti consistenti nell’aumento della secrezione di cloro e corrispondente diminuzione dell’assorbimento intracellulare di sodio. Le modifiche a carico di questi elettroliti si traducono, a livello di cellule dell’epitelio bronchiale FC, in incremento dell’altezza del fluido bronco-alveolare e aumento della frequenza del battito ciliare.

Ivacaftor è disponibile sotto forma di capsule da 150 mg o granuli, in bustine da 50 o 75 mg, da miscelare con alimenti morbidi. È insolubile in acqua ed è consigliato assumerlo assieme a cibi grassi. La sua farmacocinetica è stata studiata in soggetti sani e negli adulti con FC, risultando del tutto simile nei due gruppi. Dopo 3-5 giorni dall’inizio dell’assunzione con due somministrazioni al giorno raggiunge nel plasma una concentrazione costante. Dal plasma passa al fegato, dove viene metabolizzato da una particolare famiglia di enzimi (CYP3A).

Gli effetti collaterali rilevati nei trial clinici in adolescenti e adulti FC, in particolare in quelli condotti su lungo periodo come il trial PERSIST durato due anni, sono più frequentemente mal di testa, rinofaringite, congestione nasale, dolore addominale, diarrea, esantema cutaneo. Raggruppando gli effetti a livello di vie aeree superiori l’incidenza fra i trattati è stata del 63%. Ma sono effetti collaterali di minore importanza, nessuno di questi ha portato all’interruzione della terapia. Di diversa consistenza gli effetti collaterali a carico del fegato: è segnalato sempre dai trial negli adulti che Ivacaftor può provocare un rialzo degli enzimi epatici chiamati transaminasi (AST e ALT), i valori sono aumentati da 3 a 8 volte rispetto al limite superiore dei valori normali, rispettivamente nel 6,3% e 1,8% dei soggetti trattati. Nei bambini di età fra i 2 e i 6 anni l’aumento elevato delle transaminasi (2) ha riguardato il 14% dei trattati (5 su 34). Per indicare lo specifico rialzo di questi enzimi è stato coniato il termine di transaminite, evento che non è accompagnato da altre anomalie degli indici di funzionalità epatica e recede con la sospensione del farmaco. Come criterio di sicurezza viene suggerito di sospendere ivacaftor se i valori delle transaminasi salgono a 5 volte oltre il normale. In particolare nel gruppo dei bambini, in cui il trial ha avuto la durata di soli 6 mesi, si attendono i risultati della somministrazione di ivacaftor su periodi più lunghi.

Da prendere in considerazione le interazioni di ivacaftor con bevande o farmaci: il succo di pompelmo, un antimicotico come il ketoconazolo e alcuni antibiotici della famiglia dei macrolidi come la telitromicina e la claritromicina, possono aumentarne la concentrazione plasmatica;altri, come l’antibiotico rifampicina e un antiepilettico come la carbamazepina, possono diminuirla. Questo avviene perché interagiscono con la famiglia di enzimi (CYP3A) che metabolizza ivacaftor. Per la stessa ragione, se è concomitante l’assunzione di ivacaftor, le benzodiazepine (midazolam, diazepam, triazolam) possono avere un effetto più prolungato dell’atteso (attenzione agli effetti sulla guida dell’auto).

Ivacaftor non modifica invece l’efficacia dei contraccettivi orali: il dato è importante perchè la donna in età fertile e sessualmente attiva deve assumerli per tutto il tempo in cui è in terapia con ivacaftor, allo scopo di prevenire una gravidanza. Infatti non ci sono dati sufficienti circa la sicurezza di ivacaftor durante la gravidanza.

L’aspetto nuovo segnalato dalla rassegna è la possibilità che ivacaftor si associ, nei bambini al di sotto dei 12 anni, a cataratta oculare (opacità del cristallino). Alcuni studi su modelli animali (ratti giovani) indicavano questa possibilità. E c’è una segnalazione della FDA che riporta la comparsa di cataratta in alcuni bambini trattati (ottobre 2015). È in corso un trial (ClinicalTrials.gov Identifier: NCT01863238) di cui si dovrebbero presto conoscere i risultati, il cui obiettivo è proprio conoscere la sicurezza oculare del farmaco in bambini fra i 6 e gli 11 anni. Ad oggi non ci sono dettagli e l’entità del rischio non è definita, quindi importante è la valutazione oculare prima dell’inizio della terapia e in seguito periodicamente.

1) McColley SA. “A safety evaluation of ivacaftor for the treatment of cystic fibrosis” Expert Opin Drug Saf. 2016 May; 15(5):709-15. doi: 10.1517/14740338.2016.1165666. Epub 2016 Apr 7.
2) Studio su Ivacaftor in bambini FC tra i 2 e i 5 anni con una mutazione CFTR gating, 18/03/2016