Potremmo definirli organi in miniatura, prodotti in laboratorio a partire da cellule molto indifferenziate, le staminali, capaci di dare origine a vari tipi di cellule. A seconda della provenienza delle staminali che li generano, oggi sono disponibili vari tipi di organoidi: nel campo della fibrosi cistica l’interesse è alto per gli organoidi intestinali, che si presentano come strutture sferoidali chiuse, con una cavità centrale. Sono ottenuti da staminali presenti nelle nicchie della mucosa intestinale: minuscoli frammenti di mucosa (con diametro di poco superiore ad 1mm), possono essere prelevati a livello rettale, o ottenuti da biopsie eseguite in colonscopia indicata per vari motivi. Queste staminali sono in grado di sviluppare organoidi in laboratorio, che possono restare a disposizione a lungo termine mediante congelamento. La procedura della biopsia rettale indispensabile per ottenere il frammento di mucosa, date le caratteristiche dell’innervazione locale, non è dolorosa e si pratica attraverso l’introduzione per pochi centimetri di una sottilissima sonda endoscopica. E’ priva di rischi e si può considerare, in base all’esperienza di centri che la praticano da molto tempo in pazienti di ogni età, immune da effetti collaterali sfavorevoli.
Gli organoidi intestinali potrebbero essere descritti, in maniera figurata, come palloncini che si possono riempire d’acqua attraverso molte aperture: sono i canali CFTR, difettosi in FC. Poiché l’ingresso dell’acqua dipende sostanzialmente dall’apertura dei canali CFTR, gli organoidi ottenuti da soggetti sani sono rigonfi e di aspetto rotondeggiante grazie all’attività dei canali CFTR ben funzionanti; invece gli organoidi ottenuti da pazienti affetti da FC appaiono ripiegati su stessi, di volume ridotto, non sferici. Anche in presenza di stimoli forniti in laboratorio allo scopo di attivare il canale CFTR, gli organoidi FC non si rigonfiano perché il canale non secerne cloro e quindi acqua. Invece è stato dimostrato che diverse molecole capaci di correggere il canale difettoso CFTR riescono a far rigonfiare organoidi di pazienti con FC. Si è visto anche che, per singoli pazienti, al miglioramento della funzione polmonare, riscontrata con la spirometria nel corso di una nuova terapia mutazione-mirata, corrisponde nei loro organoidi la correzione di CFTR evidenziata dal rigonfiamento.
Aspetto degli organoidi da mucosa rettale di modello animale non FC. Essi hanno forma sferica, che si rigonfia ulteriormente (figura in rosso) quando il canale CFTR viene stimolato. Gli organoidi FC non sono sferici ma lo diventano, rigonfiandosi, quando trattati con farmaci che recuperano la funzione CFTR.
Gli organoidi intestinali servono quindi per misurare l’attività del canale CFTR normale e/o alterato per effetto di mutazioni genetiche, sia in condizioni basali che sotto stimolo farmacologico. Si propongono come un modello di sperimentazione più efficiente di quelli già esistenti allo stesso scopo, e cioè cellule di diversi tessuti (derivati da bronchi, pancreas e altro) o modelli animali (topi, di recente suini). Inoltre, gli organoidi rivestono interesse perché costituiscono un campione biologico che rappresenta il singolo paziente e può essere saggiato anche a distanza di tempo e di spazio. Disporre di un metodo capace di identificare in anticipo in laboratorio (o molto precocemente nel corso di un trattamento) la risposta del paziente a nuovi farmaci, sapendo che questa risposta di laboratorio corrisponde a quella clinica, risulterebbe molto vantaggioso. Gli organoidi potrebbero dare indicazioni preziose anche per i pazienti con mutazioni rare, difficilmente inseribili in trials clinici; e si presterebbero per saggiare l’effetto delle combinazioni di farmaci, non solo quelle già confezionate dall’industria farmaceutica (vedi Orkambi), ma anche quelle ancora prive di una formulazione e/o sperimentazione ufficiale (es: un farmaco correttore delle mutazioni stop associato ad un potenziatore).
Al recente convegno della Società Europea FC a Bruxelles sono stati presentati risultati molto incoraggianti del gruppo olandese coordinato dal dr. Jeffrey Beekman ad Utrecht (NL), che ha sviluppato il metodo (Dekkers et al. Nat Med 2013) e di un gruppo belga attivo a Leuven che lo ha applicato per sviluppare terapia genica (dr.ssa Marianne Carlon). Infine, si è dimostrato recentemente in Olanda che gli organoidi di pazienti con FC, con mutazioni sensibili ai nuovi farmaci “modulatori” di CFTR, messi a contatto in laboratorio con il plasma di altri malati trattati con tali modulatori, subiscono il rigonfiamento, a testimonianza del fatto che il farmaco presente nel plasma agisce sull’organoide secondo il meccanismo atteso (Dekkers et al. JCF 2015).
In conclusione, gli organoidi intestinali si pongono come importante strumento per realizzare la prospettiva della “medicina personalizzata”. Mediante gli organoidi si potrà forse in futuro controllare se in un particolare soggetto un farmaco modulatore della proteina CFTR è efficace, e addirittura quantificare la risposta in dipendenza dalla dose. Infatti, si potrà misurare anche l’entità del rigonfiamento (“swelling”), attraverso un software che coglie i valori tridimensionali degli sferoidi in coltura e quantifica la variazione percentuale di volume rispetto a quella iniziale (tecnica messa a punto dal gruppo di ricerca di Verona in collaborazione con Rotterdam). Poiché l’allestire, mantenere in coltura e riattivare dopo scongelamento gli organoidi richiede personale molto esperto e reagenti/strumentazioni molto affidabili, l’orientamento è verso la centralizzazione delle competenze e risorse, con spedizione di campioni di biopsie intestinali nei pochi centri specializzati in grado di sostenere tali sforzi e, in futuro, possibile allestimento di “biobanche” rappresentative dei vari genotipi FC.
In Italia gli organoidi intestinali vengono sviluppati a Verona nell’ambito di un progetto del Centro Fibrosi Cistica coordinato dalla dr.ssa Paola Melotti in collaborazione con il dr. Luca Rodella e la dr.ssa Laura Bernardoni, impegnati in endoscopia digestiva nella stessa Az. Ospedaliera Universitaria Integrata, il gruppo di ricerca del Laboratorio Cystic Fibrosis Translational Research “Daniele Lissandrini” coordinato dal dr. Claudio Sorio (Università di Verona) ed il prof. Hugo de Jonge (Rotterdam, NL). Il supporto finanziario al progetto viene da Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica (Progetti FFC#4/2013 e 3#2014) e da Lega Italiana FC-Associazione Veneta Onlus: fino a questo momento sono stati confermati i risultati pubblicati dai ricercatori olandesi ed inoltre ottenuti particolari avanzamenti, recentemente sottomessi per divulgazione scientifica internazionale. Sono in corso studi e valutazione/pianificazione di nuovi progetti che per mezzo di organoidi intestinali portino a meglio comprendere il difetto di base in FC, sviluppare diverse molecole in grado di correggerlo e affrontare casi diagnostici difficili.
Per approfondire: Johanna F Dekkers, Caroline L Wiegerinck, Hugo R de Jonge et all “A functional CFTR assay using primary cystic fibrosis intestinal organoids”Nature Medicine 2013;19(7):939-45 R. Dekkers a,1, L.A.W. Vijftigschild a,1, A.M. Vonk et all ” A bioassay using intestinal organoids to measure CFTR modulators in human plasma” Journal of Cystic Fibrosis 2015;14: 178–181
Organoidi: nuovo modello di studio per FC
Potremmo definirli organi in miniatura, prodotti in laboratorio a partire da cellule molto indifferenziate, le staminali, capaci di dare origine a vari tipi di cellule. A seconda della provenienza delle staminali che li generano, oggi sono disponibili vari tipi di organoidi: nel campo della fibrosi cistica l’interesse è alto per gli organoidi intestinali, che si presentano come strutture sferoidali chiuse, con una cavità centrale. Sono ottenuti da staminali presenti nelle nicchie della mucosa intestinale: minuscoli frammenti di mucosa (con diametro di poco superiore ad 1mm), possono essere prelevati a livello rettale, o ottenuti da biopsie eseguite in colonscopia indicata per vari motivi. Queste staminali sono in grado di sviluppare organoidi in laboratorio, che possono restare a disposizione a lungo termine mediante congelamento. La procedura della biopsia rettale indispensabile per ottenere il frammento di mucosa, date le caratteristiche dell’innervazione locale, non è dolorosa e si pratica attraverso l’introduzione per pochi centimetri di una sottilissima sonda endoscopica. E’ priva di rischi e si può considerare, in base all’esperienza di centri che la praticano da molto tempo in pazienti di ogni età, immune da effetti collaterali sfavorevoli.
Gli organoidi intestinali potrebbero essere descritti, in maniera figurata, come palloncini che si possono riempire d’acqua attraverso molte aperture: sono i canali CFTR, difettosi in FC. Poiché l’ingresso dell’acqua dipende sostanzialmente dall’apertura dei canali CFTR, gli organoidi ottenuti da soggetti sani sono rigonfi e di aspetto rotondeggiante grazie all’attività dei canali CFTR ben funzionanti; invece gli organoidi ottenuti da pazienti affetti da FC appaiono ripiegati su stessi, di volume ridotto, non sferici. Anche in presenza di stimoli forniti in laboratorio allo scopo di attivare il canale CFTR, gli organoidi FC non si rigonfiano perché il canale non secerne cloro e quindi acqua. Invece è stato dimostrato che diverse molecole capaci di correggere il canale difettoso CFTR riescono a far rigonfiare organoidi di pazienti con FC. Si è visto anche che, per singoli pazienti, al miglioramento della funzione polmonare, riscontrata con la spirometria nel corso di una nuova terapia mutazione-mirata, corrisponde nei loro organoidi la correzione di CFTR evidenziata dal rigonfiamento.
Aspetto degli organoidi da mucosa rettale di modello animale non FC. Essi hanno forma sferica, che si rigonfia ulteriormente (figura in rosso) quando il canale CFTR viene stimolato. Gli organoidi FC non sono sferici ma lo diventano, rigonfiandosi, quando trattati con farmaci che recuperano la funzione CFTR.
Gli organoidi intestinali servono quindi per misurare l’attività del canale CFTR normale e/o alterato per effetto di mutazioni genetiche, sia in condizioni basali che sotto stimolo farmacologico. Si propongono come un modello di sperimentazione più efficiente di quelli già esistenti allo stesso scopo, e cioè cellule di diversi tessuti (derivati da bronchi, pancreas e altro) o modelli animali (topi, di recente suini). Inoltre, gli organoidi rivestono interesse perché costituiscono un campione biologico che rappresenta il singolo paziente e può essere saggiato anche a distanza di tempo e di spazio. Disporre di un metodo capace di identificare in anticipo in laboratorio (o molto precocemente nel corso di un trattamento) la risposta del paziente a nuovi farmaci, sapendo che questa risposta di laboratorio corrisponde a quella clinica, risulterebbe molto vantaggioso. Gli organoidi potrebbero dare indicazioni preziose anche per i pazienti con mutazioni rare, difficilmente inseribili in trials clinici; e si presterebbero per saggiare l’effetto delle combinazioni di farmaci, non solo quelle già confezionate dall’industria farmaceutica (vedi Orkambi), ma anche quelle ancora prive di una formulazione e/o sperimentazione ufficiale (es: un farmaco correttore delle mutazioni stop associato ad un potenziatore).
Al recente convegno della Società Europea FC a Bruxelles sono stati presentati risultati molto incoraggianti del gruppo olandese coordinato dal dr. Jeffrey Beekman ad Utrecht (NL), che ha sviluppato il metodo (Dekkers et al. Nat Med 2013) e di un gruppo belga attivo a Leuven che lo ha applicato per sviluppare terapia genica (dr.ssa Marianne Carlon). Infine, si è dimostrato recentemente in Olanda che gli organoidi di pazienti con FC, con mutazioni sensibili ai nuovi farmaci “modulatori” di CFTR, messi a contatto in laboratorio con il plasma di altri malati trattati con tali modulatori, subiscono il rigonfiamento, a testimonianza del fatto che il farmaco presente nel plasma agisce sull’organoide secondo il meccanismo atteso (Dekkers et al. JCF 2015).
In conclusione, gli organoidi intestinali si pongono come importante strumento per realizzare la prospettiva della “medicina personalizzata”. Mediante gli organoidi si potrà forse in futuro controllare se in un particolare soggetto un farmaco modulatore della proteina CFTR è efficace, e addirittura quantificare la risposta in dipendenza dalla dose. Infatti, si potrà misurare anche l’entità del rigonfiamento (“swelling”), attraverso un software che coglie i valori tridimensionali degli sferoidi in coltura e quantifica la variazione percentuale di volume rispetto a quella iniziale (tecnica messa a punto dal gruppo di ricerca di Verona in collaborazione con Rotterdam). Poiché l’allestire, mantenere in coltura e riattivare dopo scongelamento gli organoidi richiede personale molto esperto e reagenti/strumentazioni molto affidabili, l’orientamento è verso la centralizzazione delle competenze e risorse, con spedizione di campioni di biopsie intestinali nei pochi centri specializzati in grado di sostenere tali sforzi e, in futuro, possibile allestimento di “biobanche” rappresentative dei vari genotipi FC.
In Italia gli organoidi intestinali vengono sviluppati a Verona nell’ambito di un progetto del Centro Fibrosi Cistica coordinato dalla dr.ssa Paola Melotti in collaborazione con il dr. Luca Rodella e la dr.ssa Laura Bernardoni, impegnati in endoscopia digestiva nella stessa Az. Ospedaliera Universitaria Integrata, il gruppo di ricerca del Laboratorio Cystic Fibrosis Translational Research “Daniele Lissandrini” coordinato dal dr. Claudio Sorio (Università di Verona) ed il prof. Hugo de Jonge (Rotterdam, NL). Il supporto finanziario al progetto viene da Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica (Progetti FFC#4/2013 e 3#2014) e da Lega Italiana FC-Associazione Veneta Onlus: fino a questo momento sono stati confermati i risultati pubblicati dai ricercatori olandesi ed inoltre ottenuti particolari avanzamenti, recentemente sottomessi per divulgazione scientifica internazionale. Sono in corso studi e valutazione/pianificazione di nuovi progetti che per mezzo di organoidi intestinali portino a meglio comprendere il difetto di base in FC, sviluppare diverse molecole in grado di correggerlo e affrontare casi diagnostici difficili.
Per approfondire:
Johanna F Dekkers, Caroline L Wiegerinck, Hugo R de Jonge et all “A functional CFTR assay using primary cystic fibrosis intestinal organoids”Nature Medicine 2013;19(7):939-45
R. Dekkers a,1, L.A.W. Vijftigschild a,1, A.M. Vonk et all ” A bioassay using intestinal organoids to measure CFTR modulators in human plasma” Journal of Cystic Fibrosis 2015;14: 178–181