Autore: Dr.ssa V. Galici e Dr. C. Braggion, Centro Regionale Toscano di Riferimento per la Fibrosi Cistica, Firenze
La TAC è uno speciale esame radiologico che consente di avere delle immagini molto dettagliate che permettono di precisare l’entità della malattia polmonare sotto il profilo anatomico.
La malattia polmonare in fibrosi cistica evolve nel tempo e può essere presente in modo asintomatico anche precocemente, nei primi mesi di vita. Si caratterizza per una tendenza all’infiammazione-infezione bronchiale con conseguente ispessimento della parete e dilatazione del calibro bronchiale (bronchiectasie) nonché ristagno di muco. L’insieme di questi fenomeni determina ostruzione bronchiale e intrappolamento di aria (air trapping) negli alveoli polmonari (1). La TAC toracica consente di acquisire dettagli e immagini molto precise su tutti questi aspetti, definendo con precisione anche la sede del danno polmonare (2). Nella definizione dei dettagli delle anomalie broncopolmonari e della loro sede, la TAC toracica è superiore alla radiografia standard del torace, comportando però una quota maggiore di radiazioni, anche in caso di utilizzo di protocolli specifici per ridurre la dose radiante senza perdere la capacità di risoluzione della tecnica (3-5). Ad oggi è difficile avere una stima del carico radiante individuale e perciò il sistema sanitario si sta muovendo per tracciare nel singolo individuo a quanto ammonta la dose di radiazioni ricevuta con le indagini radiologiche. Occorre peraltro bilanciare questo effetto negativo con i vantaggi che derivano dalla conoscenza dettagliata dell’anatomia bronco-polmonare. La TAC, precisando l’entità del danno polmonare, può indirizzarci nell’interpretazione diagnostica e nelle strategie terapeutiche.
Sull’uso della TAC toracica nella pratica clinica le opinioni sono diverse e ruotano intorno al rapporto rischi/benefici di questa indagine. Alcuni medici sostengono che una TAC toracica eseguita ogni due anni (quindi dieci TAC nei primi 18 anni di vita) fornisca informazioni preziose per stabilire la terapia e verificarne gli effetti mantenendo un rischio radiologico contenuto.
Possiamo dire di seguito quali sono le nostre opinioni a riguardo, consapevoli del fatto che non possano essere da tutti condivisibili.
Eseguire poche TAC del torace certamente riduce la dose di radiazioni. Ciò che preoccupa non è tanto l’effetto nocivo di per sé delle radiazioni, quanto il rischio collegato di patologia tumorale (6, 7). La nostra opinione è che, considerata la difficoltà attuale di precisazione del rischio di patologia tumorale nel singolo soggetto, occorre fare il minor numero possibile di TAC, per ridurre l’esposizione alle radiazioni. D’altra parte siamo consapevoli che tale indagine diagnostica fornisce informazioni molto utili.
In ambito di ricerca clinica si sta discutendo e ci sono esperienze di uso della TAC del torace come possibile misura di esito clinico (outcome) (8-10). In questo contesto è ovvio che si tratta di eseguire una TAC in condizioni basali e una dopo l’intervento terapeutico che si intende valutare. Il numero ridotto di indagini consente di mantenere bassa la dose di radiazioni e dei rischi collegati. Le informazioni che si ottengono sono molto dettagliate anche sugli effetti di un farmaco innovativo. In questo caso il rapporto rischio/beneficio è basso (basso rischio, benefici elevati).
Nel caso in cui sia importante stabilire l’entità del danno anatomico per precisare la necessità di una particolare terapia (ad esempio stabilire la necessità di una terapia per i micobatteri atipici o quella di una broncoscopia in presenza di una atelettasia polmonare), sono necessari due esami TAC: uno per confermare il sospetto diagnostico e stabilire la terapia più appropriata, l’altro per verificare la risposta alla terapia. Anche in questo caso il rapporto rischio/beneficio è basso (basso rischio, benefici elevati).
Diverso è il caso del monitoraggio dell’evoluzione della malattia polmonare nella fibrosi cistica nel medio e lungo termine. Per questo ambito disponiamo già di molteplici possibilità di informazione: la visita clinica, la presenza e l’entità di sintomi (tosse ed espettorazione), la spirometria, la frequenza delle infezioni respiratorie, i germi presenti nelle vie aeree, lo stato nutrizionale. A questi dati, con cadenza almeno annuale, associamo anche informazioni sull’anatomia polmonare e a tale scopo preferiamo eseguire una radiografia standard del torace, poiché la dose di radiazioni è contenuta e l’esame ci consente di precisare se ci sono complicanze come focolai broncopneumonici o atelettasie; se è presente air trapping; se vi sono ristagno di muco bronchiale e/o bronchiectasie. L’insieme di tutte queste informazioni, comprese quelle fornite dalla radiografia del torace, ci consente annualmente di avere una stima dell’andamento della malattia polmonare (11). Al momento preferiamo continuare con questa consuetudine poiché la radiografia del torace ha un basso rapporto rischio/beneficio.
La radiografia del torace può però essere poco informativa nel definire il danno nelle sue fasi iniziali, quando bronchiectasie, ristagno di muco e air trapping sono lievi e limitati solo a pochi lobi, in genere quelli superiori (12-14). Inoltre, nei primi anni di vita mancano le importanti informazioni fornite dalla spirometria, che soprattutto se ripetute nel tempo definiscono la presenza di ostruzione bronchiale e la sua evolutività. In questo contesto la TAC polmonare può dare informazioni più puntuali della radiografia del torace, aiutando i medici nel prendere decisioni terapeutiche quali inserire una terapia di fondo (ad esempio antibiotici per via inalatoria, terapia continuativa broncodilatante, terapie antiinfiammatorie o farmaci mucoattivi) oppure potenziare la fisioterapia respiratoria. Poiché nei primi mesi di vita per eseguire una TAC è necessario effettuare una sedazione, preferiamo richiederla verso i 4-6 anni, quando il bambino è più collaborante. Ripetiamo poi tale esame, al posto della radiografia del torace, verso i 16-18 anni, in concomitanza con il calo delle prove spirometriche, che diversi registri di patologia hanno verificato avvenire circa a questa età. In questo modo eseguiamo due-tre TAC nei primi 18-20 anni di vita per il monitoraggio della malattia polmonare e ciò consente di mantenere basso il rapporto costo/benefici.
Quanto descritto rappresenta la nostra opinione e la nostra prassi, di cui abbiamo cercato di fornire il razionale. Sappiamo che intorno a questo argomento ci sono ancora molta discussione e differenza di opinioni. Ci auguriamo che la ricerca clinica ci aiuti a rispondere al quesito: rimane comunque basso il rapporto rischio/beneficio anche facendo più di 2-3 TAC del torace nei primi 18-20 anni di vita? Compito della ricerca sarà approfondire la conoscenza del rischio di patologia tumorale e di indicare se le informazioni che ci vengono dalla TAC toracica consentano di prendere meglio decisioni determinanti nel modificare l’andamento della malattia polmonare. La ricerca clinica dovrà anche precisare se qualche altra misura diretta o indiretta dell’anatomia polmonare sia altrettanto utile rispetto alla TAC toracica e sia dotata di un minore profilo di rischi.
Bibliografia 1. O’Sullivan BP, Freedman SD. Cystic fibrosis. Lancet 2009; 373:1891-904 2. Brody AS. Scoring systems for CT in cystic fibrosis: who cares? Radiology 2004; 231:296-298 3. O’Connor OJ et al. Development of low-dose protocols for thin section CT assessment of cystic fibrosis in pediatric patients. Radiology 2010; 257:820-9. 4. Jiménez et al. Computer tomography in children with cystic fibrosis: a new way to reduce radiation dose. Arch Dis Child 2006; 91: 388-90 5. O’Connor OJ et al. Development of low-dose protocols for thin-section CT assessment of cystic fibrosis in pediatric patients. Radiology. 2010; 257:820-9 6. Mayo JR. Radiation dose issues in longitudinal studies involving computed tomography. Proc Am Thorac Soc 2008; 5:934-39 7. Kuo W et al. Monitoring cystic fibrosis lung disease by computed tomography. Radiation risk in perspective. Am J Respir Crit Care Med 2014; 189:1328-36 8. Loeve M et al. Chest computed tomography: a validated surrogate endpoint of cystic fibrosis lung disease? Eur Respir J 2013; 42:844-57 9. Ramsey BW. Use of lung imaging studies as outcome measures for development of new therapies in cystic fibrosis. Proc Am Thorac Soc 2007; 4:359-63 10. Aziz ZA et al. Computed tomography and cystic fibrosis: promises and problems. Thorax 2007; 62:181-6 11. Smyth AR et al. European Cystic Fibrosis Society standards of care: best practice gudelines. J Cyst Fibros 2014; 13:S23-S42 12. De Jong PA et al. Progressive damage on high-resolution computer tomography despite stable lung funtion in CF. Eur Respir J 2004; 23:93-97 13. De Jong PA et al. Progression of lung disease on computed tomography and pulmonary function tests in children and adults with cystic fibrosis. Thorax 2006; 61:80-85 14. Sly PD et al. Risk factors for bronchiectasis in children with cystic fibrosis. N Engl J Med 2013; 368:1963-70
L’impiego di TAC toracica in fibrosi cistica
La TAC è uno speciale esame radiologico che consente di avere delle immagini molto dettagliate che permettono di precisare l’entità della malattia polmonare sotto il profilo anatomico.
La malattia polmonare in fibrosi cistica evolve nel tempo e può essere presente in modo asintomatico anche precocemente, nei primi mesi di vita. Si caratterizza per una tendenza all’infiammazione-infezione bronchiale con conseguente ispessimento della parete e dilatazione del calibro bronchiale (bronchiectasie) nonché ristagno di muco. L’insieme di questi fenomeni determina ostruzione bronchiale e intrappolamento di aria (air trapping) negli alveoli polmonari (1). La TAC toracica consente di acquisire dettagli e immagini molto precise su tutti questi aspetti, definendo con precisione anche la sede del danno polmonare (2). Nella definizione dei dettagli delle anomalie broncopolmonari e della loro sede, la TAC toracica è superiore alla radiografia standard del torace, comportando però una quota maggiore di radiazioni, anche in caso di utilizzo di protocolli specifici per ridurre la dose radiante senza perdere la capacità di risoluzione della tecnica (3-5). Ad oggi è difficile avere una stima del carico radiante individuale e perciò il sistema sanitario si sta muovendo per tracciare nel singolo individuo a quanto ammonta la dose di radiazioni ricevuta con le indagini radiologiche. Occorre peraltro bilanciare questo effetto negativo con i vantaggi che derivano dalla conoscenza dettagliata dell’anatomia bronco-polmonare. La TAC, precisando l’entità del danno polmonare, può indirizzarci nell’interpretazione diagnostica e nelle strategie terapeutiche.
Sull’uso della TAC toracica nella pratica clinica le opinioni sono diverse e ruotano intorno al rapporto rischi/benefici di questa indagine. Alcuni medici sostengono che una TAC toracica eseguita ogni due anni (quindi dieci TAC nei primi 18 anni di vita) fornisca informazioni preziose per stabilire la terapia e verificarne gli effetti mantenendo un rischio radiologico contenuto.
Possiamo dire di seguito quali sono le nostre opinioni a riguardo, consapevoli del fatto che non possano essere da tutti condivisibili.
Eseguire poche TAC del torace certamente riduce la dose di radiazioni. Ciò che preoccupa non è tanto l’effetto nocivo di per sé delle radiazioni, quanto il rischio collegato di patologia tumorale (6, 7). La nostra opinione è che, considerata la difficoltà attuale di precisazione del rischio di patologia tumorale nel singolo soggetto, occorre fare il minor numero possibile di TAC, per ridurre l’esposizione alle radiazioni. D’altra parte siamo consapevoli che tale indagine diagnostica fornisce informazioni molto utili.
In ambito di ricerca clinica si sta discutendo e ci sono esperienze di uso della TAC del torace come possibile misura di esito clinico (outcome) (8-10). In questo contesto è ovvio che si tratta di eseguire una TAC in condizioni basali e una dopo l’intervento terapeutico che si intende valutare. Il numero ridotto di indagini consente di mantenere bassa la dose di radiazioni e dei rischi collegati. Le informazioni che si ottengono sono molto dettagliate anche sugli effetti di un farmaco innovativo. In questo caso il rapporto rischio/beneficio è basso (basso rischio, benefici elevati).
Nel caso in cui sia importante stabilire l’entità del danno anatomico per precisare la necessità di una particolare terapia (ad esempio stabilire la necessità di una terapia per i micobatteri atipici o quella di una broncoscopia in presenza di una atelettasia polmonare), sono necessari due esami TAC: uno per confermare il sospetto diagnostico e stabilire la terapia più appropriata, l’altro per verificare la risposta alla terapia. Anche in questo caso il rapporto rischio/beneficio è basso (basso rischio, benefici elevati).
Diverso è il caso del monitoraggio dell’evoluzione della malattia polmonare nella fibrosi cistica nel medio e lungo termine. Per questo ambito disponiamo già di molteplici possibilità di informazione: la visita clinica, la presenza e l’entità di sintomi (tosse ed espettorazione), la spirometria, la frequenza delle infezioni respiratorie, i germi presenti nelle vie aeree, lo stato nutrizionale. A questi dati, con cadenza almeno annuale, associamo anche informazioni sull’anatomia polmonare e a tale scopo preferiamo eseguire una radiografia standard del torace, poiché la dose di radiazioni è contenuta e l’esame ci consente di precisare se ci sono complicanze come focolai broncopneumonici o atelettasie; se è presente air trapping; se vi sono ristagno di muco bronchiale e/o bronchiectasie. L’insieme di tutte queste informazioni, comprese quelle fornite dalla radiografia del torace, ci consente annualmente di avere una stima dell’andamento della malattia polmonare (11). Al momento preferiamo continuare con questa consuetudine poiché la radiografia del torace ha un basso rapporto rischio/beneficio.
La radiografia del torace può però essere poco informativa nel definire il danno nelle sue fasi iniziali, quando bronchiectasie, ristagno di muco e air trapping sono lievi e limitati solo a pochi lobi, in genere quelli superiori (12-14). Inoltre, nei primi anni di vita mancano le importanti informazioni fornite dalla spirometria, che soprattutto se ripetute nel tempo definiscono la presenza di ostruzione bronchiale e la sua evolutività. In questo contesto la TAC polmonare può dare informazioni più puntuali della radiografia del torace, aiutando i medici nel prendere decisioni terapeutiche quali inserire una terapia di fondo (ad esempio antibiotici per via inalatoria, terapia continuativa broncodilatante, terapie antiinfiammatorie o farmaci mucoattivi) oppure potenziare la fisioterapia respiratoria. Poiché nei primi mesi di vita per eseguire una TAC è necessario effettuare una sedazione, preferiamo richiederla verso i 4-6 anni, quando il bambino è più collaborante. Ripetiamo poi tale esame, al posto della radiografia del torace, verso i 16-18 anni, in concomitanza con il calo delle prove spirometriche, che diversi registri di patologia hanno verificato avvenire circa a questa età. In questo modo eseguiamo due-tre TAC nei primi 18-20 anni di vita per il monitoraggio della malattia polmonare e ciò consente di mantenere basso il rapporto costo/benefici.
Quanto descritto rappresenta la nostra opinione e la nostra prassi, di cui abbiamo cercato di fornire il razionale. Sappiamo che intorno a questo argomento ci sono ancora molta discussione e differenza di opinioni. Ci auguriamo che la ricerca clinica ci aiuti a rispondere al quesito: rimane comunque basso il rapporto rischio/beneficio anche facendo più di 2-3 TAC del torace nei primi 18-20 anni di vita? Compito della ricerca sarà approfondire la conoscenza del rischio di patologia tumorale e di indicare se le informazioni che ci vengono dalla TAC toracica consentano di prendere meglio decisioni determinanti nel modificare l’andamento della malattia polmonare. La ricerca clinica dovrà anche precisare se qualche altra misura diretta o indiretta dell’anatomia polmonare sia altrettanto utile rispetto alla TAC toracica e sia dotata di un minore profilo di rischi.
Bibliografia
1. O’Sullivan BP, Freedman SD. Cystic fibrosis. Lancet 2009; 373:1891-904
2. Brody AS. Scoring systems for CT in cystic fibrosis: who cares? Radiology 2004; 231:296-298
3. O’Connor OJ et al. Development of low-dose protocols for thin section CT assessment of cystic fibrosis in pediatric patients. Radiology 2010; 257:820-9.
4. Jiménez et al. Computer tomography in children with cystic fibrosis: a new way to reduce radiation dose. Arch Dis Child 2006; 91: 388-90
5. O’Connor OJ et al. Development of low-dose protocols for thin-section CT assessment of cystic fibrosis in pediatric patients. Radiology. 2010; 257:820-9
6. Mayo JR. Radiation dose issues in longitudinal studies involving computed tomography. Proc Am Thorac Soc 2008; 5:934-39
7. Kuo W et al. Monitoring cystic fibrosis lung disease by computed tomography. Radiation risk in perspective. Am J Respir Crit Care Med 2014; 189:1328-36
8. Loeve M et al. Chest computed tomography: a validated surrogate endpoint of cystic fibrosis lung disease? Eur Respir J 2013; 42:844-57
9. Ramsey BW. Use of lung imaging studies as outcome measures for development of new therapies in cystic fibrosis. Proc Am Thorac Soc 2007; 4:359-63
10. Aziz ZA et al. Computed tomography and cystic fibrosis: promises and problems. Thorax 2007; 62:181-6
11. Smyth AR et al. European Cystic Fibrosis Society standards of care: best practice gudelines. J Cyst Fibros 2014; 13:S23-S42
12. De Jong PA et al. Progressive damage on high-resolution computer tomography despite stable lung funtion in CF. Eur Respir J 2004; 23:93-97
13. De Jong PA et al. Progression of lung disease on computed tomography and pulmonary function tests in children and adults with cystic fibrosis. Thorax 2006; 61:80-85
14. Sly PD et al. Risk factors for bronchiectasis in children with cystic fibrosis. N Engl J Med 2013; 368:1963-70